Non mi lasciai sfuggire l'occasione di vederli nel loro primo tour italiano, dopo lo sconvolgimento di Critical Band, e corsi al Covo di Bologna, un club angusto dalla sala rettangolare senza uscite dietro al palco. Avevo appena comprato To everybody e la svolta era stata netta quanto sorprendente. L'androgino e anoressico Lansangan si sedeva al piano elettrico e diventava importante quanto gli altri 3. I've got designs on you partiva col delirio vocale di Lowe per poi dipanarsi in una suite vellutata e gentilmente allucinata. Non più spigolosi math-rockers dalle virtù tecnico-tattiche ma eleganti elaboratori di un sound sottilmente intelletualoide, come in Saint Theresa in Ecstasy, dieci minuti di liquefazione minimale e ipnosi circolare.
Un breve ritorno al passato chiassoso di Dialed in, uno dei capolavori dell'esordio. Alligator pomposa escursione in un dolente prog aggiornato soffre di un guasto tecnico al microfono di Lansangan, che se ne sta muto. Ancora panorami esoterici di gusto immane con We blame chicago, poi la drammatica Last night a dj saved my life: l'orchestrazione è il loro segreto, suonano ad occhi chiusi partiture per nulla semplici ed immediate in modo che gli sprazzi di melodia risaltino in modo stupefacente. Un'ultima suite deflagrante, A national car crash e a quel punto ricordo che io ero completamente ipnotizzato. Persino l'amico dalle orecchie aperte che avevo portato con me, non avendo mai sentito i ragazzi prima d'ora, rimase stupito dalla qualità dello spettacolo.
Una pausa e i pochi intimi chiedono un bisse, Case dice qualcosa, scatta una foto al pubblico e dichiara che la manderà alla propria madre. Fase di riscaldamento e parte Hans Lucas, una delle granate più eversive del debutto, con Key in grande evidenza ai tamburi. Missouri kids cuss chiude in maniera assordante, se qualcuno si era fatto prendere dall'ohm del cuore del concerto, capisce che è ora di svegliarsi e andare a casa, contento di aver assistito ad una grande serata di musica genuinamente e sapientemente underground.
(originalmente pubblicato il 24/12/08)
Un breve ritorno al passato chiassoso di Dialed in, uno dei capolavori dell'esordio. Alligator pomposa escursione in un dolente prog aggiornato soffre di un guasto tecnico al microfono di Lansangan, che se ne sta muto. Ancora panorami esoterici di gusto immane con We blame chicago, poi la drammatica Last night a dj saved my life: l'orchestrazione è il loro segreto, suonano ad occhi chiusi partiture per nulla semplici ed immediate in modo che gli sprazzi di melodia risaltino in modo stupefacente. Un'ultima suite deflagrante, A national car crash e a quel punto ricordo che io ero completamente ipnotizzato. Persino l'amico dalle orecchie aperte che avevo portato con me, non avendo mai sentito i ragazzi prima d'ora, rimase stupito dalla qualità dello spettacolo.
Una pausa e i pochi intimi chiedono un bisse, Case dice qualcosa, scatta una foto al pubblico e dichiara che la manderà alla propria madre. Fase di riscaldamento e parte Hans Lucas, una delle granate più eversive del debutto, con Key in grande evidenza ai tamburi. Missouri kids cuss chiude in maniera assordante, se qualcuno si era fatto prendere dall'ohm del cuore del concerto, capisce che è ora di svegliarsi e andare a casa, contento di aver assistito ad una grande serata di musica genuinamente e sapientemente underground.
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