giovedì 6 maggio 2010

Melvins - Bullhead (1991)

Il granito puro, il marmo fattosi musica, il sabba nero aggiornatosi all'hardcore, i massimi pionieri di Seattle nei loro momenti migliori. Boris è il loro inno doom, trascinato in un abisso di 9 minuti che calpesta ogni cosa che incontra. Le distorsioni pachidermiche di Osbourne, i cori monocordi, i tamburi fondamentali di Crover con le sue fratture ritmiche, protagonisti sull'altro lentone Ligature. Fortuna che arriva Anaconda, ravvivando (per modo di dire) la malsanità; due minuti e mezzo di violenza dispari, diventerà un classico dal vivo soprattutto per le virtù del biondo drummer. Addirittura esaltante It's showed, un mid-tempo dall'impeto rock'n'roll come solo i Melvins sanno (sapevano) fare. Sulla stessa scia, ma con enfasi drammaturgica, si prosegue con Zodiac, poi con If I had an exorcism vengono fuori le prime avvisaglie di stranezze che negli anni successivi abbonderanno; per oltre 2 minuti Osbourne fa l'assolo più minimale della storia, una sola nota. Di nuovo nella melma con Your blessened, allucinazioni a go-go. E con Cow si chiude perfettamente, marcia marziale che sfocia in un'assolo di Crover, degna luce dello spettacolo su uno dei migliori batteristi al mondo negli anni '90.
Tori scatenati, ma terribilmente controllati nel loro incedere intimidatorio.

(originalmente pubblicato il 23/12/08)

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