giovedì 13 maggio 2010

Alboth! - Ali (1996)

Non ho memorie di altri gruppi svizzeri conosciuti, e se questi Alboth! vennero fuori nel circuito alternativo internazionale negli anni '90 un motivo c'era.
Trattavasi infatti di un quartetto originalissimo e altamente sperimentale, fautore di una commistione coraggiosa sulla scia dei Naked City ma con una personalità ben distinta. Voce tenebrosa e minacciosa (Lieder), basso noise ipersaturato dal fuzz (Pauli), batteria elastica seppur proveniente dal metal con frequente uso di pad elettronici (Werthmuller) e un tastierista di chiara estrazione jazz (Kraut).
Come potevano convivere queste quattro entità così diverse fra di loro? Semplicemente raggiungendo un compromesso fatto di terrificanti esplosioni di rigore violento (Freigovel, Landolt, Raphael, Hans U.Hertel), scansioni raccapriccianti di doom pianistico con tapes quasi industrial (Zeitblom, Berger, Von Rutl), rarefazioni post-atomiche (Maurer, Liebefield Recycled). La scomposta Sigi si regge titanica su frasi di organo che sono purissimo Ratledge-style, che straniscono non poco circondate dalla tempesta metallica.
Il miracolo di equilibrio si raggiunge col miglior pezzo del disco, Lalas, in cui per paradosso riescono persino ad essere divertenti in questa sintesi di math-jazz-electro-metal che, a differenza dei collages impazziti dei Naked City, puntava ad incutere paura e mostrare i muscoli con finissima intelligenza, quasi un contrasto inimmaginabile per i risultati ottenuti.

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