mercoledì 5 maggio 2010

Bardo Pond - Amanita (1996)

Uno shoegazer-sound travestito da stoner-noise, una psichedelia rumorosa destrutturata in strutture circolari free-form. Guidati dai chitarristi Gibbons, i BP hanno coniato una soluzione ad alto tasso di acidità che racchiudeva tutto quanto fosse contenibile in una formula più o meno moderna. I fratelli scorrazzano in lungo e in largo su questo chilometrico secondo albo dei philadelphiani, con le loro asce sbrodolanti ed ispide, su tappeti ritmici pigri e svogliati.
La differenza con i loro contemporanei, ad esempio gli American Analog Set, è che i BP si lanciano in selve ipnotiche selvagge ed inestricabili di suono, dove a volte spunta un audio generator, e dove la pur avvenente vocalist risulta essere superflua (un filo di voce, a volte sembra quasi una Kim Gordon sotto metadone). Il fascino delle loro stratificazioni è indubbiamente elevato per chi ama il genere, dato che generalmente si tratta di improvvisazioni ripetute all'infinito, in evidenza Limerick, Tantric Porno, The high frequency.
Eppure anche nel finale spunta anche qualche bella song evocativa e lievemente più misurata nei toni: in Rumination, Be a fish, Tapir song, sembra quasi di scontrarsi con lo spettro di Mazzy Star corrotto dall'acido, con una Sandoval drogata ma con un Roback raddoppiato nella presenza e nella fantasia.

(originalmente pubblicato il 21/11/08)

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