Torno a parlare molto volentieri dei mitici HT dopo il notevole riscontro di Precious Cargo, e anche in questo caso si parla di raccolta di inediti, out-takes e varie. Curata dalla benemerita Black Widow di Genova, Open Season racconta ancora storie d'epoca per il gruppo di culto che vanta uno strano record: la pubblicazione di album postumi supera numericamente quella dei dischi ufficiali. Tutto questo in quanto col passare degli anni il valore degli HT ha continuato ad aumentare, così come il suo pubblico. Resta forse discutibile il modo in cui questi pastoni vengono assemblati, perchè una gran parte di questi pezzi era già stata inclusa in The Flood del 1990. Come la strumentale Unearthed, l'attacco grezzo di Static in the attic e relativo assolo capogiro di House, la tranquilla Ballad of Morris Mill, l'ineffabile e la mutante The great universal confidence trick. Tutti demos marchiati anno di grazia 1970, destinati forse ad un terzo disco rimasto ipotesi. Inutile ribadire la grandezza di una band che dalla sua parte aveva due assi di valore stellare in grado di far vibrare le corde più remote non solo dei propri strumenti.
La raccolta dimostra inoltre che per la maggior parte dei primi '70 Hill non è mai rimasto fermo, nonostante House avesse abbandonato già nel 1971. Dalle sessions di quell'anno, con Funnel aggiunto alla chitarra e Theaker alle pelli al posto di Hadden, 3 pezzi di bassa qualità ma ben definiti, con la forma canzone più sotto controllo e una maggior melodicità in dote.
Dal 1974 solo una testimonianza, ma quale! Con tale Tomlin al violino, Resonance è un'autentico killer, showcase del virtuosismo nobile di Hill, un groove torrenziale che riporta ai primi gloriosi anni dell'alta marea. Nel 1976, circondato ormai solo dai fedeli Pavli e Theaker, Hill snocciola ancora Light your torch e Steady in E, ennesimi colpo di coda di aritmicità e dissonanze, epicità lo-fi e rifiuto di compromessi. Dalla reunion con House del 1990, Garage Gods è un atmosferico graffiante pregno di sensazioni primi Hawkwind. Snodo centrale della raccolta sono i 24 minuti di Turn yourself down, jam interminabile che funge da test per l'ascoltatore; soltanto chi riesce ad arrivare in fondo è un vero HT fan. Io rientro nella categoria.
La raccolta dimostra inoltre che per la maggior parte dei primi '70 Hill non è mai rimasto fermo, nonostante House avesse abbandonato già nel 1971. Dalle sessions di quell'anno, con Funnel aggiunto alla chitarra e Theaker alle pelli al posto di Hadden, 3 pezzi di bassa qualità ma ben definiti, con la forma canzone più sotto controllo e una maggior melodicità in dote.
Dal 1974 solo una testimonianza, ma quale! Con tale Tomlin al violino, Resonance è un'autentico killer, showcase del virtuosismo nobile di Hill, un groove torrenziale che riporta ai primi gloriosi anni dell'alta marea. Nel 1976, circondato ormai solo dai fedeli Pavli e Theaker, Hill snocciola ancora Light your torch e Steady in E, ennesimi colpo di coda di aritmicità e dissonanze, epicità lo-fi e rifiuto di compromessi. Dalla reunion con House del 1990, Garage Gods è un atmosferico graffiante pregno di sensazioni primi Hawkwind. Snodo centrale della raccolta sono i 24 minuti di Turn yourself down, jam interminabile che funge da test per l'ascoltatore; soltanto chi riesce ad arrivare in fondo è un vero HT fan. Io rientro nella categoria.
(originalmente pubblicato il 09/11/08)
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