Una mia modestissima compilazione di pezzi presi in qua e in là per la rete, dal vecchio forum, attraverso scambi internazionali con altri fans o free download dal sito http://www.slidingpast.com, quindi manco a dirlo indirizzata a quei pochissimi che come me praticano il culto di Jeff Martin da 15 anni a questa parte (ma sono ammessi/e anche novelli/e, eh!). La cosa interessante, nonostante la frammentarietà inevitabile e i suoni non sempre limpidi, è vedere una breve sintesi del percorso del californiano. Nel 1983, neanche ventenne, prendeva armi e bagagli e si trasferiva a Londra nella speranza di sfondare. Parallyzed e Never Back again mostrano un talento in erba, pienamente immerso nelle sonorità wave-sintetiche in voga, quasi un mix di Talk Talk e Tears For Fears. L'anno dopo tornerà a casa. Passerà il resto degli anni '80 con diversi gruppi, senza ottenere un granchè, fino a quando non farà comunella con John Barry. Una manciata di demos del quartetto del 96-97, un inedito epoca Alas, altre out-takes che saranno andate a confluire sull'antologia We were young, un paio di estratti da una colonna sonora, insomma questa compilation non sconvolge la vita a noi fans degli Idaho, a parte il piacere immutato di ascoltare Straw dogs, Shoulder back, o Flat Top.
Ciò che però impressiona è una versione del 2000 di God's green earth, che altro non è che un rehersal della band che fece il tour di Hearts of palm. Già l'originale era una colonna portante dell'intero repertorio, e teoricamente sarebbe stato molto difficile migliorarla, ma qui succede il miracolo. La rendition acquista maggior velocità, profondità, una grinta più concreta nelle chitarre ed una prestazione vocale ruggente di Martin.
Che non mi stancherò mai di dire, è un artista criminalmente ignorato dal mondo.
Ciò che però impressiona è una versione del 2000 di God's green earth, che altro non è che un rehersal della band che fece il tour di Hearts of palm. Già l'originale era una colonna portante dell'intero repertorio, e teoricamente sarebbe stato molto difficile migliorarla, ma qui succede il miracolo. La rendition acquista maggior velocità, profondità, una grinta più concreta nelle chitarre ed una prestazione vocale ruggente di Martin.
Che non mi stancherò mai di dire, è un artista criminalmente ignorato dal mondo.
(originalmente pubblicato il 13/12/08)
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