lunedì 10 maggio 2010

Interpol - Fukd ID #3 (2000)

Mi auguro vivamente che la delusione per l'ultimo disco sia soltanto un momento di appannamento, intanto che mi godo l'esperienza del batterista con Franklin nei Magnetic Morning. Ritengo Interpol l'espressione di gran lunga più interessante del decennio in tema di recupero di sonorità di derivazione new-wave, infinitamente più talentuosi delle altre centinaia di gruppuscoli pronti a salire sul carrozzone o di realtà costruite ad hoc dalle major per sfruttare il trend (leggi Franz Ferdinand o Strokes).
Debuttarono con questo fenomenale EP di 6 pezzi sull'ottima Chemikal Underground facendo già intravedere le qualità che confluiranno su Turn on the bright lights. Trattasi di recupero, sì, ma di quello buono. PDA apre con un incessante ritmica ed il primo nome che viene in mente è Joy Division; le chitarre ultra-minimali, un basso fluttuante, la voce di Banks algida e distaccata come quella di Curtis, anche se leggermente più intonata. L'impasto finale è decisamente troppo fascinoso ed oscuro per poter resistere, come nella seguente Precipitate, emotiva esternazione con spirali chitarristiche che a tratti sembrano trombe (se non lo sono veramente!) ed un break di quelli che commuovono letteralmente. Roland è un bolide rabbioso lanciato ai 200 km/h che esplode con un chorus fragoroso ed una progressione di brividi, fino all'assolo minimal-lancinante. Esiste una possibilità di coniare un surf-dark? Gli Interpol ce la fanno con lo strumentale 5.
E ancora sensazioni crepuscolari nobilissime con gli ultimi Song Seven e Time to be so small, le note degli assoli di Kessler si contano sempre sulle dita di una mano, le emozioni scorrono a fiumi.
E chissà che i baldi giovini che si sono appassionati a loro non si facciano una lezione di storia andandosi ad ascoltare i Joy Division, giusto per capire da dove arriva questo tesoretto.

(originalmente pubblicato il 06/01/09)

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