Un live pubblicato per lo stupore, questo è 595. A 2 anni dal concerto d'addio tenutosi a Roma Farina si vide recapitare un master registrato dal tecnico del suono di un concerto in Belgio, e decise (giustamente) di chiudere per sempre sulla parabola artistica dei Karate.
Li vidi suonare al Link nel 1998, erano i tempi di The bed is in the ocean. Le asperità del leggendario In place of real insight erano quasi alla frutta, e 2 anni più tardi restai deluso da Unsolved. Soltanto da un paio d'anni a questa parte ho imparato ad apprezzare la seconda fase della loro carriera, in cui le radici jazz venivano fuori prepotentemente.
Ascoltanto 595 è una sola la parola che mi viene in mente: classe. Tale dote permeava il trio nell'espletare le fluenti, magnetiche e sensuali composizioni, con una tecnica sopraffina dai timbri vellutati ma incisivi. Fra gli 8 pezzi in scaletta i recuperi degli inizi sono una fenomenale Coffeine or me, con tanto di coda allucinata e straniante, e There are ghosts, l'intro storica di IPORI dal crescendo irrefrenabile. Ma altrove non si scherza per niente; la grintosa Sever si fregia di una fase quasi mistica intermedia, con un Farina galattico. La baldanzosa The roots & the ruins non può non esaltare con la sua melodia diagonale, così come la sostenuta Airport. Il vero capolavoro è Original spies, fantastico concentrato di tutto il sopra-descritto, specialmente le scale discendenti della fase strumentale che mettono letteralmente i brividi.
Inutile ribadire la bravura della sezione ritmica, con Goddard e McCarthy che non faticano troppo a rubare spesso la scena al leader con le loro basi impeccabili. Le songs sono di gran lunga migliori delle versioni originali, la registrazione perfetta.
Un congedo esaltante che fa quasi maledire quel problema alle orecchie che hanno posto la parola fine al gruppo (ma non sarà stata una scusa???).
(originalmente pubblicato il 17/02/09)
Li vidi suonare al Link nel 1998, erano i tempi di The bed is in the ocean. Le asperità del leggendario In place of real insight erano quasi alla frutta, e 2 anni più tardi restai deluso da Unsolved. Soltanto da un paio d'anni a questa parte ho imparato ad apprezzare la seconda fase della loro carriera, in cui le radici jazz venivano fuori prepotentemente.
Ascoltanto 595 è una sola la parola che mi viene in mente: classe. Tale dote permeava il trio nell'espletare le fluenti, magnetiche e sensuali composizioni, con una tecnica sopraffina dai timbri vellutati ma incisivi. Fra gli 8 pezzi in scaletta i recuperi degli inizi sono una fenomenale Coffeine or me, con tanto di coda allucinata e straniante, e There are ghosts, l'intro storica di IPORI dal crescendo irrefrenabile. Ma altrove non si scherza per niente; la grintosa Sever si fregia di una fase quasi mistica intermedia, con un Farina galattico. La baldanzosa The roots & the ruins non può non esaltare con la sua melodia diagonale, così come la sostenuta Airport. Il vero capolavoro è Original spies, fantastico concentrato di tutto il sopra-descritto, specialmente le scale discendenti della fase strumentale che mettono letteralmente i brividi.
Inutile ribadire la bravura della sezione ritmica, con Goddard e McCarthy che non faticano troppo a rubare spesso la scena al leader con le loro basi impeccabili. Le songs sono di gran lunga migliori delle versioni originali, la registrazione perfetta.
Un congedo esaltante che fa quasi maledire quel problema alle orecchie che hanno posto la parola fine al gruppo (ma non sarà stata una scusa???).
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