venerdì 14 maggio 2010

Massimo Volume - Lungo i bordi (1995)

Emidio Clementi è visibilmente invecchiato, con pochi capelli e una barba pressochè bianca. Gli anni sono passati e si vede, ma aspetto al varco i MV con la loro seconda vita, augurandomi prodotti all'altezza del loro passato.
Che adesso, con una rivalutazione in atto, sembra un attimo ingombrante. Se l'aspetto musical-creativo sembrava pesare molto sulle spalle di Sommacal, cosa ci proporrà il buon Clementi?
Ammetto di aver riscoperto da poco la produzione dei bolognesi: ai tempi delle loro uscite discografiche li snobbai non poco, ma non so per quale motivo. Adesso invece mi sono messo a sentire i mini-romanzi di strada del marchigiano, scoprendone lati ermetici e palesi con relativo piacere. E curiosamente il disco che apprezzo di più è quello che all'unanimità viene indicato come il punto debole del poker, Club Privè, anche per quanto riguarda l'aspetto musicale.
Lungo i bordi fu il primo su major e stemperava il noise crudo ed efferato del debutto in una formula che sapeva fermarsi di più a riflettere, oltre che a contenere il loro brano più famoso in assoluto, Il primo dio. Il sentore era sempre di quel fatalismo, quel recuperare i ricordi, quell'osservare in maniera disincantata, quasi distaccata. Le musiche alternavano schitarrate grattugiate ad arpeggi circolari, atmosfere incendiarie e grevi a divagazioni ipnotiche.
Non ho certo la cultura per poter parlare di letteratura, e già tutti hanno scritto 1000 volte dell'originalità dei MV. Io non posso fare che accodarmi ai complimenti, alla rivalutazione e all'attesa di nuove produzioni, riconoscendo di averli recuperati in ritardo.
Sempre meglio che mai.

(originalmente pubblicato il 24/02/09)

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