Non è facile parlare di questa macchina soffice, ironica titolazione nello spirito più simpatico possibile di Mr. Wyatt, ovvero colui che ritengo uno dei massimi musicisti del 20 secolo in tutto e per tutto. Little red record fu l'ultimo disco in cui suonò la batteria, alla quale ormai era arrivato ad un livello di maestria che nulla aveva da invidiare neanche, per dire, ad un Cobham. Le atmosfere sono molto jazzate nel senso più cupo del termine durante le lunghe escursioni strumentali; non avevano fiati ma una coesione di gruppo spaventosa, e la cosa bella di Wyatt è che non si sarebbe mai detto fosse il suo gruppo, data la rilevanza che McRae, McCormick e Miller hanno nell'economia del sound; evidentemente non era un despote come Ratledge, l'unica cosa che chiedeva era di potersi ritagliare i suoi spazi dadaisti, con quelle esplorazioni vocali che discendevano da Soft Machine vol. 2 e sarebbero planate su Rock Bottom in un percorso che non ha nulla da spartire con altre forme musicali.
Inutile citare i pezzi, Little red record è una cosa da ascoltare senza soste, dall'inizio alla fine, in cui perdere la bussola dei sensi e dello spazio.
Inutile citare i pezzi, Little red record è una cosa da ascoltare senza soste, dall'inizio alla fine, in cui perdere la bussola dei sensi e dello spazio.
(originalmente pubblicato il 09/01/09)
Nessun commento:
Posta un commento