Quando ascolto i Paradise Lost le prime cose che mi vengono in mente sono i classici luoghi comuni di tutti i gruppi metal; che non sono proprio simpaticissimi (ho letto alcune interviste e devo dire che se la tirano anche parecchio), che hanno legioni di fans devoti quasi fino al feticismo, che con notevole furbizia hanno navigato fra varie tendenze a seconda delle mode del periodo, e così via. Su Wikipedia è scritto che questo Draconian Times sarebbe il loro lavoro più commerciale, e non mi sento di smentire, anche se secondo me lo era di più Believe in nothing. Fattosta che, se devo sorbirmi le caverne gutturali dei primissimi dischi o le miniere di carbone degli ultimi, preferisco di gran lunga ascoltarmi questo commercialissima fucina di destino metallico, prodotto in maniera magistrale e con songs epiche, di vita propria. Senza stare ad indagare su chi è più o meno doom, su cosa imita chi, Draconian Times resta un disco che vive di luce propria. E dirò di più; il mio pezzo preferito è proprio il singolo The last time, che mi si venga pure a dire che è pop, benissimo. L'attacco è trascinante, il refrain-carro armato suona disperato al punto giusto, il ritornello essenziale e deciso, l'assolo Iommiano quanto basta. Sospesi fra Pentagram e Sisters of Mercy, i PL sembrano stare su un ponte; da una parte la freddezza britannica metallica, dall'altra il calore e la passione di un genere, il doom, che non può essere eseguito senza cuore. Forever failure è un capolavoro alla moviola, (meglio però la versione su singolo, con l'aggiunta di archi maestosi) Elusive cure si apre con un arpeggio che sa proprio del gruppo citato nel titolo. Anche se lo schema appare un po' ripetitivo sulla lunga distanza, i PL danno sè stessi dall'inizio alla fine e si sente.
(originalmente pubblicato il 09/10/08)
martedì 4 maggio 2010
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