Bootleg che riprende una tre giorni di gigs del quintetto di Oxford nel maggio del 2003, giocando in casa fra Londra e Manchester, racchiuso in un digipack discretamente professionale dalla Godfather Records. Attenzione, la qualità audio è relativamente bassa ma una volta fatto l'orecchio si fa ascoltare, seppur rimanga un prodotto for aficionados-only. In quella stagione i Radiohead si trovavano alla chiusura di un ciclo, la fine imminente del contratto con la Emi, un disco da promuovere che solo a tratti eguagliava le imprese del passato e tanta voglia di staccare, probabilmente. Eppure dal vivo la loro grandezza restava assolutamente immutata, anche grazie alla possibilità di pescare da un repertorio fenomenale, variegato, sfaccettato e ad una coesione praticamente perfetta. Nella prima parte si evidenziano una bella versione di Talk Show Host, l'umanizzazione di Kid A, le struggentissime Sail to the moon e Scatterbrain. Dal live della sera dopo, la Spinning Plates che già imperlava l'EP I might be wrong, il silenzio del pubblico che ammutolisce in Pyramid Song, la marcia malefica di We suck young blood.
E come sempre, una formazione eclettica che può contare su almeno 3 polistrumentisti, 3 coristi, 2 sperimentatori folli armati fino ai denti di arsenali di suono.
Non vorrei dire un'eresia, ma secondo me sono stati loro i Pink Floyd del 2000, per desiderio di unire pop a sperimentazione.
(originalmente pubblicato il 02/11/08)
E come sempre, una formazione eclettica che può contare su almeno 3 polistrumentisti, 3 coristi, 2 sperimentatori folli armati fino ai denti di arsenali di suono.
Non vorrei dire un'eresia, ma secondo me sono stati loro i Pink Floyd del 2000, per desiderio di unire pop a sperimentazione.
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