Chi ha amato i dischi di Walker a cavallo degli anni '70 difficilmente sarà impazzito per questo Tilt. Il fatto che abbia pubblicato un disco ogni 10 anni negli ultimi 30 può far pensare che o Walker se la prende comoda perchè è benestante oppure ha la velocità di una lumaca nello scrivere e registrare. Comunque, che lo si apprezzi o no, bisogna ammettere che questo signore di mezza età ha del coraggio e dell'integrità artistica da vendere, perchè Tilt non è certo un disco accessibile a chiunque. Il vocione imponente fa da corredo ad una decina di songs dal sapore apocalittico e nere pece, dai connotati indefinibili. L'apertura è una visita speleologica nell'inconscio, con quel 21 che risuona come da una grotta, Farmer in the city. Gli archi grevi sostengono il canto teatrale di Walker in un crescendo cinematico teso e drammatico. The cockfighter segue con un tema spiazzante, l'elettronica dissonante e i suoni industriali in primo piano. L'atmosfera raggelante prosegue con Bouncer see bouncer, la pompa organistica di Manhattan, l'evoluzione wave-gothic di Face on breast, e così via. Difficile scorgere la linearità in una collezione che forse eccede in enfasi interpretativa e cervelloticità. Come sopra detto, Walker merita il massimo rispetto per il coraggio e la proposta assolutamente fuori dagli standard, ma alla fine del disco si resta con una sorta di amaro in bocca e si preferisce tornare allo scanzonato Scott 4 (1969).
(originalmente pubblicato il 03/10/08)
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