Il gentile arpeggio di Adonai si ripete per 7 minuti senza variazioni, con pochissimi abbellimenti sonori. Il secondo disco dei Tarentel si apriva così, con un ambientalismo rurale contaminato da effetti elettronici all'insegna del minimalismo. Un po' come spogliare i Cerberus Shoal della sezione ritmica e ancorarli a ritmi lentissimi. L'intro degli archi su Popol Vuh camerizza l'atmosfera, quando partono basso e batteria siamo dalle parti di Mogwai; un pezzo dalla bellezza cristallina ed elegante, quasi degno del nome che porta. Una suadente voce femminile si insinua nella stasi pianistica di Ghosty Head, le arie si fanno rarefatte, inizia la parte dronistica del disco. Death in the mind of living, Pneuma sono grumi minacciosi di sound immobilizzato. Blessed Cursed chiude in bellezza con passo bandistico, dilatazioni chitarristiche, voci eteree, quasi iper-arrangiato rispetto alle trax precedenti.
Un disco che vive di larghi respiri, esercizi di ripetizione, filosofie di meditazione. Forse un po' tediante sulla lunga distanza, ma impreziosito comunque da una gemma come Popol Vuh.
Un disco che vive di larghi respiri, esercizi di ripetizione, filosofie di meditazione. Forse un po' tediante sulla lunga distanza, ma impreziosito comunque da una gemma come Popol Vuh.
(originalmente pubblicato il 18/12/08)
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