Difficile discernere l'aspetto verbale dalla musica nell'arte di Tibet, nonostante il suo predicare sia ben scandito e chiaro persino a chi ha una conoscenza scolastica dell'english.
Fra i pochi dischi che ho sentito del suo lungo percorso, questo dei cavallini mi ha colpito per ispirazione e sensibilità, un po' come la bambina che piange in copertina. Folk barocco, scarti neo-ambient, frammenti cameristici misti ad elettronica povera, gli ingredienti del disco.
Si parte e la title-track è un bellissimo esempio di ballad voce e chitarra acustica limpidissima, nuda e cruda, con Tibet impegnato a sussurrare una rassicurante cantilena. Ma l'umore vira al nero pece già con The inmost light, macabro salmodiare su clangori pianistici inquietanti e synth sibilanti. Bene o male il disco si svolgerà su questo dualismo, rilassato-mistico vs. teso-diabolico, con episodi particolarmente riusciti come The Frolic. Sul finale poi spunta anche Cave, impegnato in una compassata ripresa della title-track. Molto suggestiva anche la chiusura di Patripassian, con quei cori gregoriani manipolati che riassumono un po' il senso di Tibet: la tradizione trattata da un vulcano in continua ebollizione.
(originalmente pubblicato il 30/10/09)
Fra i pochi dischi che ho sentito del suo lungo percorso, questo dei cavallini mi ha colpito per ispirazione e sensibilità, un po' come la bambina che piange in copertina. Folk barocco, scarti neo-ambient, frammenti cameristici misti ad elettronica povera, gli ingredienti del disco.
Si parte e la title-track è un bellissimo esempio di ballad voce e chitarra acustica limpidissima, nuda e cruda, con Tibet impegnato a sussurrare una rassicurante cantilena. Ma l'umore vira al nero pece già con The inmost light, macabro salmodiare su clangori pianistici inquietanti e synth sibilanti. Bene o male il disco si svolgerà su questo dualismo, rilassato-mistico vs. teso-diabolico, con episodi particolarmente riusciti come The Frolic. Sul finale poi spunta anche Cave, impegnato in una compassata ripresa della title-track. Molto suggestiva anche la chiusura di Patripassian, con quei cori gregoriani manipolati che riassumono un po' il senso di Tibet: la tradizione trattata da un vulcano in continua ebollizione.
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