L'unico gruppo italiano riuscito a farsi pubblicare dall'eminenza freak inglese, la Delerium, il quartetto lecchese si proponeva all'underground nel 1992 con un bel doppio vinile autoprodotto che acquistai a scatola chiusa, senza pensarci un attimo. Un bel mix di stili, un sano vintage-rock che pescava da tante fonti ma che sapeva svilupparsi in direzioni concrete e con la gradita aggiunta di un ottimo songwriting.
In Shaken at the sun convivono essenzialmente 3 tipi di canzoni: quella solare-corale condita dal Farfisa, direttamente erede dal garage-rock di fine '60, che al di là di qualche bell'esempio (A family in the kitchen, Any water knows, Helen Blows) è comunque il set che colpisce di meno.
Poi ci sono una decina buona di acusticherie, e qui le perle non mancano di sicuro. Quasi una sorta di sfogo per il vocalist/chitarrista Antonelli, che si prende il lusso di creare delle splendide ballads come Her planets, Silverlines spiderlines, My collection, Stars and chimnays. Cori accorati per squillanti classiche che fermano il corso del disco, lo illuminano di altissimo lirismo, altro che cuscinetti di pausa. Poi c'è l'aspetto più pesantemente hard-psych, con dei bei calderoni fuzzati e intimidatori che faranno loro guadagnare la stima inglese. I sincopati strumentali Liver e Vis matrix sono sfuriate acide di distorsioni e ritmiche indiavolate. La jam di 10 minuti di There was a car, beffarda e rumorosissima, e What a surprise che sfoggia una sorprendente foga quasi hardcore-punk.
Un bell'eclettismo, quindi, al culmine di cui troneggia, equilibrato e grintoso, il perfetto punto d'incontro di tutte questi stili, Aluminium head. Seguì il disco su Delerium, poi credo un altro (No age?), ma in rete non si trovano praticamente info sui Kryptasthesie, quindi restano un argomento veramente di nicchia anche per me.
(N.B. L'audio è di pessima qualità, in quanto passai il vinile su cassetta tanti anni fa, poi lo vendetti e quindi ho usato il tape per passarlo su pc. Se qualcuno fosse così caro da passare un rip decente lo ringrazierei alquanto!).
In Shaken at the sun convivono essenzialmente 3 tipi di canzoni: quella solare-corale condita dal Farfisa, direttamente erede dal garage-rock di fine '60, che al di là di qualche bell'esempio (A family in the kitchen, Any water knows, Helen Blows) è comunque il set che colpisce di meno.
Poi ci sono una decina buona di acusticherie, e qui le perle non mancano di sicuro. Quasi una sorta di sfogo per il vocalist/chitarrista Antonelli, che si prende il lusso di creare delle splendide ballads come Her planets, Silverlines spiderlines, My collection, Stars and chimnays. Cori accorati per squillanti classiche che fermano il corso del disco, lo illuminano di altissimo lirismo, altro che cuscinetti di pausa. Poi c'è l'aspetto più pesantemente hard-psych, con dei bei calderoni fuzzati e intimidatori che faranno loro guadagnare la stima inglese. I sincopati strumentali Liver e Vis matrix sono sfuriate acide di distorsioni e ritmiche indiavolate. La jam di 10 minuti di There was a car, beffarda e rumorosissima, e What a surprise che sfoggia una sorprendente foga quasi hardcore-punk.
Un bell'eclettismo, quindi, al culmine di cui troneggia, equilibrato e grintoso, il perfetto punto d'incontro di tutte questi stili, Aluminium head. Seguì il disco su Delerium, poi credo un altro (No age?), ma in rete non si trovano praticamente info sui Kryptasthesie, quindi restano un argomento veramente di nicchia anche per me.
(N.B. L'audio è di pessima qualità, in quanto passai il vinile su cassetta tanti anni fa, poi lo vendetti e quindi ho usato il tape per passarlo su pc. Se qualcuno fosse così caro da passare un rip decente lo ringrazierei alquanto!).
(originalmente pubblicato il 17/12/2009)
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