
Devo confessare che dopo diversi riascolti, la mia considerazione cresce sempre di più per questa intensissima raccolta di cantautorato indie screziato di wave, dalle aspre melodie esistenzialmente azzeccate. Oltretutto l'intro è una di quelle che non si dimenticano, il lungo strumentale For lack of a better word, ricca di quella tensione psichedelica che tanto aveva caratterizzato i primissimi Rem ma amplificata a dismisura e con senso di epica grevità.
E' un disco acido, Taller: il chitarrismo di Edwards si divide fra pesantezze quasi noise e deliqui wave della migliore tradizione, seguito a ruota dalla fedele sezione ritmica. Ne indovina quasi una dietro l'altra, con quell'inconfondibile tenore nasale: Seven Years, la compassata Too far gone, il funk slavato di Planes crashing, la Remiana al midollo Boundaries, il boogie sconquassato di Can't get started, le dure e spietate Big Picture e Only one. E ancora, i bassi nervosi di World on a string, il neilyounghismo corrosivo di What can I do, il desert-rock alla Thin White Rope di Whirlpool. E la summa di tutto viene sintetizzata nella stupenda A man possessed, un lento caleidoscopio che esalta le doti compositive di Edwards al di là delle influenze più o meno chiare.
(originalmente pubblicato il 01/11/09)
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