Vogliamo concedergli un'autocelebrazione? Vogliamo perlomeno tributargli un debito?
Da una decade buona Kozelek vive in un limbo indefinito, in cui raschiare il barile è parola d'ordine, fra album stiracchiati e stanchi, quintalate di cover, libri celebrativi e tentativi di diventare attore. Mi rendo conto di non essere molto generoso nei confronti dell'uomo, ma la severità è dovuta essenzialmente alla mia malcelata avidità di brividi stellari, la cui vena purtroppo è irrimediabilmente inaridita. Suona come una maledizione, eppure è stata proprio la chiusura della premiata ditta Red House Painters a segnare la fine di un epoca che già stentava ad eguagliarsi disco dopo disco. Sembra che l'uomo abbia dato fondo ad una ispirazione che aveva gli anni contati, una miniera limitata, per formarsi la base e poi vivacchiare di rendita.
Questo live solitario registrato fra America, Londra, Canada e l'amata Scandinavia, non fa altro che gridare vendetta, proprio perchè il buon Marco continua a snobbare quegli anni dedicandogli la miseria di 4 pezzi su ben 20. Non avendo nessun diritto arbitrario per protestare, basterà sbrigare la pratica dicendo che resta un gran bel sentire la voce limpida e sospirata accompagnata dalla sua chitarra e da quella di Carney, manco a farlo apposta ex-RHP del secondo periodo. Ma tenere alta l'attenzione per così tanto tempo è un obiettivo che riuscirà con i fans più costanti. Io fondamentalmente tendo a skippare sempre per soffermarmi su quelle maledette 4 songs. Katy Song, Bubble, Mistress, Down colorful hill.
Maledette perchè, dopo tanti anni ed in una nuova intima forma, riescono ancora a farmi uscire la lacrimuccia. Per grazia e bontà delle emozioni immortali.
(originalmente pubblicato il 11/11/09)
Da una decade buona Kozelek vive in un limbo indefinito, in cui raschiare il barile è parola d'ordine, fra album stiracchiati e stanchi, quintalate di cover, libri celebrativi e tentativi di diventare attore. Mi rendo conto di non essere molto generoso nei confronti dell'uomo, ma la severità è dovuta essenzialmente alla mia malcelata avidità di brividi stellari, la cui vena purtroppo è irrimediabilmente inaridita. Suona come una maledizione, eppure è stata proprio la chiusura della premiata ditta Red House Painters a segnare la fine di un epoca che già stentava ad eguagliarsi disco dopo disco. Sembra che l'uomo abbia dato fondo ad una ispirazione che aveva gli anni contati, una miniera limitata, per formarsi la base e poi vivacchiare di rendita.
Questo live solitario registrato fra America, Londra, Canada e l'amata Scandinavia, non fa altro che gridare vendetta, proprio perchè il buon Marco continua a snobbare quegli anni dedicandogli la miseria di 4 pezzi su ben 20. Non avendo nessun diritto arbitrario per protestare, basterà sbrigare la pratica dicendo che resta un gran bel sentire la voce limpida e sospirata accompagnata dalla sua chitarra e da quella di Carney, manco a farlo apposta ex-RHP del secondo periodo. Ma tenere alta l'attenzione per così tanto tempo è un obiettivo che riuscirà con i fans più costanti. Io fondamentalmente tendo a skippare sempre per soffermarmi su quelle maledette 4 songs. Katy Song, Bubble, Mistress, Down colorful hill.
Maledette perchè, dopo tanti anni ed in una nuova intima forma, riescono ancora a farmi uscire la lacrimuccia. Per grazia e bontà delle emozioni immortali.
Thanks a lot for your wonderful blog, but the password doesn't seem to work with the Little Drummer Boy here.Am I the first to have this problem?
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RispondiElimina:-D
Thank you and enjoy!
Oops. It never occurred to me to try this more emphatic variation. And it worked indeed. Thank you very much!
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