Mostri deformi si aggirano per quello che viene da tutti considerato il capolavoro degli Oneida, doppio cd di allegra e lucida follia. In qualsiasi ottica lo si voglia considerare nella carriera decennale dei newyorkesi, Each one teach one è ossessivamente divertente e riflette alla perfezione la loro attitudine un po' gigioneggiante, unita ad una voglia di osare e sperimentare, prendere in giro i luoghi comuni della psichedelia, dell'hard-rock e del noise in modo dissacrante.
Il missile terra-aria Sheets of easter è massimalismo minimale, una vera tortura di 14 minuti. Antibiotics è un po' il manifesto del disco: le tastiere di Matador conducono un motivo demente per oltre 10 minuti, poi tutto si polverizza in un canto celestiale ed in un vortice lisergico drumless space.
Il secondo cd ristabilisce qualche contatto col pianeta terra, se non altro per la maggior presenza della voce. I ritmi sono sempre saltellanti e sostenuti, la scura title-track riesuma la vecchia influenza di Trans Am. People of the north e Number nine sono motivi praticamente pop, sotto una scorza ben poco gentile di chitarroni e synth circolari.
L'ipnosi per organo e flauto mistico di Sneak into the woods è forse il brano più curioso per una minore sbrodolatura arrangiativa, di grande suggestione peraltro. Il disco si chiude in bellezza con il melodramma epico (alla loro maniera) di Black Chamber e i magnetismi minimalistici di No label.
Non mi sembra di essere eccessivamente controcorrente per dire che non è il mio disco preferito degli Oneida, in quanto giudico più focalizzati e riusciti The wedding e Happy New year. E' comunque un simbolo dell'alt-rock dei 2000 ed ha avuto il merito di lanciarli un po' ovunque.
(originalmente pubblicato il 18/01/2010)
Il missile terra-aria Sheets of easter è massimalismo minimale, una vera tortura di 14 minuti. Antibiotics è un po' il manifesto del disco: le tastiere di Matador conducono un motivo demente per oltre 10 minuti, poi tutto si polverizza in un canto celestiale ed in un vortice lisergico drumless space.
Il secondo cd ristabilisce qualche contatto col pianeta terra, se non altro per la maggior presenza della voce. I ritmi sono sempre saltellanti e sostenuti, la scura title-track riesuma la vecchia influenza di Trans Am. People of the north e Number nine sono motivi praticamente pop, sotto una scorza ben poco gentile di chitarroni e synth circolari.
L'ipnosi per organo e flauto mistico di Sneak into the woods è forse il brano più curioso per una minore sbrodolatura arrangiativa, di grande suggestione peraltro. Il disco si chiude in bellezza con il melodramma epico (alla loro maniera) di Black Chamber e i magnetismi minimalistici di No label.
Non mi sembra di essere eccessivamente controcorrente per dire che non è il mio disco preferito degli Oneida, in quanto giudico più focalizzati e riusciti The wedding e Happy New year. E' comunque un simbolo dell'alt-rock dei 2000 ed ha avuto il merito di lanciarli un po' ovunque.
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