Non proprio uno di quei gruppi grunge fazzoletti ad uso e consumo delle major nei primi anni '90, i losangeleni Failure potevano avere quella marcia in più per accalorarsi legioni di fans di Nirvana e Soundgarden. Ma nonostante l'esposizione ai vari Lollapalooza e il battage della etichetta, non riuscirono a sfondare sebbene a tutt'oggi ci siano diversi siti a loro dedicati, a dimostrazione che non sono stati dimenticati da tutti.
Comfort fu prodotto da Albini ma qualcosa andò storto; il suono è troppo compresso e il vocalist Andrews, già di per sè non un fenomeno, è mixato bassissimo. Soltanto la batteria ha la tipica profondità delle regolazioni dell'occhialuto, e fu un peccato perchè era un buon disco. Anthem angosciati come Macaque, Something, Pro-catastrophe, contenevano le giuste dosi di melodia che avrebbe potuto esporli a tutto il mondo anche se soltanto le major non riuscivano a capire che era troppo tardi. Certo, sarebbe stato ingiusto condannare gruppi (si pensa) autentici come i Failure, vista anche la personalità sfoggiata in primizie noise-pop come Submission, Screen man. O nella sfuriata post-hardcore di Princess, ricca di sfumature e armonici chitarristici che escono dal wall of sound. O nell'implosione di Salt wound, che da outfit emo-nirvaniano si riduce ad un marasma di inquietante melma sonora.
(originalmente pubblicato il 30/11/09)
Comfort fu prodotto da Albini ma qualcosa andò storto; il suono è troppo compresso e il vocalist Andrews, già di per sè non un fenomeno, è mixato bassissimo. Soltanto la batteria ha la tipica profondità delle regolazioni dell'occhialuto, e fu un peccato perchè era un buon disco. Anthem angosciati come Macaque, Something, Pro-catastrophe, contenevano le giuste dosi di melodia che avrebbe potuto esporli a tutto il mondo anche se soltanto le major non riuscivano a capire che era troppo tardi. Certo, sarebbe stato ingiusto condannare gruppi (si pensa) autentici come i Failure, vista anche la personalità sfoggiata in primizie noise-pop come Submission, Screen man. O nella sfuriata post-hardcore di Princess, ricca di sfumature e armonici chitarristici che escono dal wall of sound. O nell'implosione di Salt wound, che da outfit emo-nirvaniano si riduce ad un marasma di inquietante melma sonora.
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