Che fosse dark, che fosse dream-pop, che fosse pre-shoegaze gotico, il debutto dei Dead Can Dance non peccava certo in tempismo per via della propria originalità. Immerso in brume tutt'altro che australiane come la Gerrard ma molto più tendenti all'Inghilterra uggiosa di Perry, l'omonimo ancora faceva appena intravedere le tendenze medioevaleggianti ed etniche che poi dilagheranno nel mirabile percorso del duo. Le chitarre riverberate e i bassi liquidi dominano ancora il palco, con ritmiche marzialmente dark ed apprezzabili inserti elettronici. La Gerrard sembra poco coinvolta, anche se si ritaglia lo spazio di un paio di perle mi(nimali)stiche facendo soltanto intuire ciò che diventeranno in pochi anni i DCD, ovvero la versione anni '80 dei Popol Vuh (con relativa proporzione di qualità anni/prodotto, s'intende).
(originalmente pubblicato il 19/11/09)
venerdì 18 giugno 2010
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