Quando penso agli Yes mi vengono in mente termini come "prosopopea", "magniloquenza", "ridondanza" e cose del genere. Tutt'altro che la sana epicità dei contemporanei Genesis, per dire: iperbolicamente virtuosi, impeccabili formalmente quanto noiosi e prolissi. Ma se ci si ferma a Fragile, forse fu il momento migliore, giacchè l'anno successivo si spingerà non poco il pedale dell'auto-indulgenza. Invece qui si resta sospesi in un equilibrio che in alcuni momenti ha quasi del miracoloso, come nel caracollante inizio di Roundabout, pregevolissimo sviluppo di un orchestrazione fra i 5 pressochè perfetta. In tal senso si fanno apprezzare anche l'acquarello corale di South side of the sky, vagamente canterburiana, l'irresistibile marcetta Long distance runaround, e la suite finale di Heart of the sunrise, tour de force fra irruzioni terroristiche e delicatissime fasi sinfoniche. Nel mezzo ognuno degli Yes ha spazio per un brano solistico; Wakeman e Howe producono esercizi di stile che fanno solo sbadigliare, Anderson se la cava con una modesta ballad acustica, ed è la sezione ritmica ad uscirne vincente: la brufordiana 5% of nothing è un minuto scarso di math-prog dalle schegge impazzite. E con The Fish il grande Squire se ne esce con un post-rock ante-litteram da urlo.
Fragili e contrastanti.
(originalmente pubblicato il 10/09/09)
Fragili e contrastanti.
(originalmente pubblicato il 10/09/09)
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