martedì 8 giugno 2010

Early Day Miners - Offshore (2006)

Non so, forse mi sono avvicinato al disco sbagliato. Si dice un gran bene dei primi 3 solchi degli EDM, forse un giorno colmerò le mie lacune in merito. Offshore secondo me è un prodotto contrastante, seppur confezionato ad arte e regola di quella branca che pesca in qua e in là fra le pagine del tipico catalogo Secretly Canadian, più sul versante tradizionalmente post-slow. Un gruppo profondamente americano ma non troppo legato alle tradizioni. E le sonorità sono davvero suggestive, dominate dalle chitarre discrete e gentili di Burton e co, con una ritmica abbastanza svelta da mantenere il livello d'attenzione. Riverberi profondi e delays ben affondati conferiscono toni vagamente post-rock, si ascolti Deserter con quell'armonica tirata a lungo che solca tutto il pezzo, e che sfuma in Sans revival, energico sferragliare di batteria e chitarre lucenti che riecheggiano le cose più spacey degli Appleseed Cast. Scorie di slow-core elegante con suadente voce femminile in Return of the native, punteggiata da slide arrendevoli.
E' il resto del disco, condensato in 3 lunghi strumentali, a far riflettere: fra scorribande alla Mogwai, tribalismi post-wave, code ambient siderali, progressioni catastrofiche alla Godspeed You Black Emperor (con meno effetto però), gli EDM finiscono intrappolati nelle loro stesse intenzioni, perdendo personalità man mano che il disco scorre. La monotonia di fondo, quello scavare ossessivamente su uno stesso tema senza molta fantasia, tutto influsce inevitabilmente nel giudizio finale del disco che raggiunge a stento una risicata sufficenza.

(originalmente pubblicato il 27/07/09)

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