giovedì 10 giugno 2010

Rex - 3 (1997)

Al giorno d'oggi, le più svariate forme di folk contaminate con qualsiasi cosa sono (fin troppo) diffuse in tutto il globo. Basti leggere un Blow Up a caso, e probabilmente ci si renderà conto che la maggioranza dei dischi recensiti vertono in queste direzioni. Ma a metà dei nineties era appannaggio di pochi selezionati, eletti e toccati da ispirazione magica come questi Rex che ebbero breve vita, con tre dischi in tre anni e poi basta. Come nel precedente C, il trio esplorava universi agresti neppur troppo tradizionalisti, grazie ad una verve interpretativa che rendeva brillanti anche i momenti più sommessi. E le songs, erano tutte di altissimo livello: a partire da Gathered, proseguendo tramite Jet, Other James, Balloon, e la conclusiva Clean, Harvey e Spirito creano ballad evocative e di altissimo lirismo, sulle quali Scharin mostra tutta la sua classe cristallina. Un violoncello fa capolino in diversi pezzi, tanto per rendere ancora più classiche le ambientazioni. Ma anche quando divagavano sullo strumentale i nostri compianti, compievano piccoli miracoli; Waterbug è un gemellaggio folk afro-country (evidente retaggio del progetto personale del batterista, Him) sul quale il violoncello dona vibrazioni stentoree. L'esuberante One stew è una mutazione genetica fra Tortoise e Neil Young. Infine Scharin, memore dell'epocale esperienza passata, spinge gli altri due a comporre il miglior pezzo mai composto dai suoi Codeine: Yah Land è un monumento di slow-core colorito e solenne, al cui ascolto non riesco mai a trattenere una lenta e timida lacrimuccia.

(originalmente pubblicato il 22/08/09)

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