
L'intro è deviante; un giro dolente di chitarra acustica e compare il gemito singhiozzante di Stewart. Ma in tutto l'arco del disco di chitarre non ce ne sarà quasi traccia. Se può esistere un concetto di musica del teatro dell'assurdo psicopatico, è impersonato dagli Xiu Xiu. Ovvero una sorta di Virgin Prunes al bromuro, senza pressochè intenzioni melodiche, senza impianto tradizionale, con un vocalist in perenne stato di trance, in mezzo a qualche ritmo sintetico, ogni tipo di percussioni e tastiere. L'intento è produrre una musica che prima di tutto punta all'ossessione con un approccio indiretto, che rimanda alle cose più estreme della wave sperimentale (il canto di Stewart è chiaramente mutuato da quel periodo) ma guarda anche all'attualità, come i dischi difficili dei Radiohead (20.000
Deaths ricorda vagamente la title-track di
Kid A) ed a sua volta influenzerà altre cose a venire come i Liars. Ciò che impressiona maggiormente sono i vuoti pianistici di
Walnut house, le agonizzanti dissonanze di
Brooklyn Dodgers, il mini-percorso di
Sex Redux fra minimalismo synth-voce e gli archi da dopo-bomba.
Ma è la coesione del tutto che, oltre che far sembrare
A promise un concept-album, sancisce la personalità enorme e deviata di Stewart.
(originalmente pubblicato il 05/07/09)
Nessun commento:
Posta un commento