martedì 27 aprile 2010

Isis - Panopticon (2004)

Il suono futuribile degli Isis è diventato un caposaldo di questi anni 2000 in ambito rock-metal. Al contrario dei Tool, che comprimono inesorabilmente tutto e cedono molto (secondo me troppo) all'enfasi, i californiani puntano sull'atmosfera, creando ariose sinfonie metallico-ambientali di enorme fascino. Panopticon è il mio preferito fra i loro dischi, (insieme allo split con gli Aereogramme) una raccolta di grande compattezza eppure così aperta ai soundscapes in libertà. Un sound molto serioso, ma miracolosamente esente da autoindulgenze.
Il growl di Turner apre So did we, insieme al muro fragoroso delle chitarre. Un inizio molto emotivo che successivamente cede il passo ad arpeggi limpidi scanditi su una ritmica medio-lenta, di grandissima suggestione, quasi una risposta metallica agli Explosions in the sky, mica un gruppo qualunque (eh, non sono x niente neutrale su di loro...).
Nelle fitte nebbie di In fiction è possibile udire reminescenze quasi inaspettate per loro; il basso riverberato sui toni alti, gli accordi dolenti, la batteria dimessa, tutto questo rimanda ad una pagina fondamentale del post-wave, cioè Disintegration dei Cure.
La memorabile progressione di Syndic calls è un metal-ambient epico fino all'implosione. Un elemento costante nell'Isis-sound è il continuo alternarsi fra vuoti e pieni, fra deflagrazioni e levitazioni, fra i growls e il cantato pulito (anche se le parti vocali sono le meno importanti).
Altered course è un altro capolavoro di questa fotosintesi, con una seconda parte assolutamente sepolcrale, come se i 5 losangelini stessero cercando di musicare il day after fra le macerie di un disastro naturale.
Chiamarla metal è tutt'altro che ovvio, questa creatura spaventosa ed affascinante. Ma siamo d'accordo che se il metal del futuro è questo, allora non è ancora morto.

(originalmente pubblicato il 26/06/08)

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