Abbiamo avuto un Bukowksi anche noi, nello stivale degli anni 60-70.
In proporzione, Ciampi era molto meno cinico e infinitamente più educato e romantico rispetto ad Hank, ma tracciare un piccolo parallelo è pressochè inevitabile; la dipendenza dall'alcool, le disavventure amorose, il continuo vagabondare da un luogo all'altro, in preda ad una totale inaffidabilità nei confronti di manager e persone che credevano in lui, in preda all'incapacità totale di saper gestire i (pochi) guadagni. Ma soprattutto una grande, grandissima fonte di ispirazione nel saper scrivere poesie. Fortemente autobiografica, la scrittura del livornese si fa largo in memorabili e disincantati versi dall'incisività assoluta, quando l'attitudine free indottagli dalle ripetute sbornie non lo portava su derive deliranti.
Putroppo, al contrario di Chinaski, non ha vissuto abbastanza per ottenere uno straccio di riconoscimento. Ciampi resterà per sempre un'artista di nicchia per poche persone, nonostante chi ne conosca l'arte sia unanime nel definirlo un poeta geniale e maledetto.
Questa raccolta del 1975 è uno dei suoi rari dischi, probabilmente uno dei suoi ultimi sforzi di lucidità. La sua voce profonda è chiaramente la protagonista dei 10 pezzi, equalmente divisa fra un cantato dimesso ed un recitato alquanto espressivo. Le musiche e gli arrangiamenti erano prettamente di competenza di Marchetti (direttore d'orchestra) e Pavone (cantautore), due personaggi che conoscendo Ciampi erano rimasti stregati dal personaggio e gli si erano legati indissolubilmente, creando per lui un mix argentato e frizzante di jazz, lounge e sinfonico (Marchetti) e scarne ballate folk (Pavone).
Fra queste ultime storiche Cristo fra i chitarristi, Il vino, 40 Soldati 40 Sorelle, Il merlo, l'auto-commiserativa ed emozionante Ha tutte le carte in regola. Il mio entusiasmo maggiore va però per le tracce più eccentriche, in cui i raffinati preparati di Marchetti (autore fra l'altro di molte colonne sonore) musicavano le poesie più spregiudicate ed anticonformistiche per gli anni; Andare camminare lavorare, una coro di protesta allo stile di vita generale, una presa in giro agli italiani. Fantastica Il giocatore, efferata descrizione dello stato d'animo di chi si gioca tutto ai cavalli o alla roulette, con quel Merda! che intercala e tuona su un drammatico tappeto sonoro di archi e chitarre cristalline. Incredibile Te lo faccio vedere chi sono io, etilica elegia del super-io ciampiano, che definire geniale e sardonico è dire nulla.
Tanto non serve a niente parlarne, la poetica di questo idolo è solo da sentire (o leggere). Di mia entustiastica iniziativa ho inserito come bonus quella che secondo me è la cosa più bella che abbia mai fatto, Adius.
Un ironico e velenoso addio ad una storia d'amore appena finita, con quelle frasi dell'introduzione cantate fragilmente che ogni volta riempiono la stanza, fermano il tempo e il mondo. Persino Marchetti si supera e sforna un crooning-jazz magistrale di immenso gusto.
Se qualcuno ha voglia e l'ascolta per la prima volta, lascio volentieri la sorpresa dell'inciso di Adius.
Basta considerare che erano i '70, ovvero anni luce fa. E nasce spontanea un altra amara confessione sull'incomprensione per i grandi artisti, specialmente nello stivale....
Infinito.
(originalmente pubblicato il 28/06/08)
In proporzione, Ciampi era molto meno cinico e infinitamente più educato e romantico rispetto ad Hank, ma tracciare un piccolo parallelo è pressochè inevitabile; la dipendenza dall'alcool, le disavventure amorose, il continuo vagabondare da un luogo all'altro, in preda ad una totale inaffidabilità nei confronti di manager e persone che credevano in lui, in preda all'incapacità totale di saper gestire i (pochi) guadagni. Ma soprattutto una grande, grandissima fonte di ispirazione nel saper scrivere poesie. Fortemente autobiografica, la scrittura del livornese si fa largo in memorabili e disincantati versi dall'incisività assoluta, quando l'attitudine free indottagli dalle ripetute sbornie non lo portava su derive deliranti.
Putroppo, al contrario di Chinaski, non ha vissuto abbastanza per ottenere uno straccio di riconoscimento. Ciampi resterà per sempre un'artista di nicchia per poche persone, nonostante chi ne conosca l'arte sia unanime nel definirlo un poeta geniale e maledetto.
Questa raccolta del 1975 è uno dei suoi rari dischi, probabilmente uno dei suoi ultimi sforzi di lucidità. La sua voce profonda è chiaramente la protagonista dei 10 pezzi, equalmente divisa fra un cantato dimesso ed un recitato alquanto espressivo. Le musiche e gli arrangiamenti erano prettamente di competenza di Marchetti (direttore d'orchestra) e Pavone (cantautore), due personaggi che conoscendo Ciampi erano rimasti stregati dal personaggio e gli si erano legati indissolubilmente, creando per lui un mix argentato e frizzante di jazz, lounge e sinfonico (Marchetti) e scarne ballate folk (Pavone).
Fra queste ultime storiche Cristo fra i chitarristi, Il vino, 40 Soldati 40 Sorelle, Il merlo, l'auto-commiserativa ed emozionante Ha tutte le carte in regola. Il mio entusiasmo maggiore va però per le tracce più eccentriche, in cui i raffinati preparati di Marchetti (autore fra l'altro di molte colonne sonore) musicavano le poesie più spregiudicate ed anticonformistiche per gli anni; Andare camminare lavorare, una coro di protesta allo stile di vita generale, una presa in giro agli italiani. Fantastica Il giocatore, efferata descrizione dello stato d'animo di chi si gioca tutto ai cavalli o alla roulette, con quel Merda! che intercala e tuona su un drammatico tappeto sonoro di archi e chitarre cristalline. Incredibile Te lo faccio vedere chi sono io, etilica elegia del super-io ciampiano, che definire geniale e sardonico è dire nulla.
Tanto non serve a niente parlarne, la poetica di questo idolo è solo da sentire (o leggere). Di mia entustiastica iniziativa ho inserito come bonus quella che secondo me è la cosa più bella che abbia mai fatto, Adius.
Un ironico e velenoso addio ad una storia d'amore appena finita, con quelle frasi dell'introduzione cantate fragilmente che ogni volta riempiono la stanza, fermano il tempo e il mondo. Persino Marchetti si supera e sforna un crooning-jazz magistrale di immenso gusto.
Se qualcuno ha voglia e l'ascolta per la prima volta, lascio volentieri la sorpresa dell'inciso di Adius.
Basta considerare che erano i '70, ovvero anni luce fa. E nasce spontanea un altra amara confessione sull'incomprensione per i grandi artisti, specialmente nello stivale....
Infinito.
La poesia (quella vera) non paga.
RispondiEliminaPerò noi tributiamo.
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