Una delle grandi occasioni perse nell'Inghilterra degli anni d'oro, i Black Widow promettevano maledettamente bene quando fecero uscire Sacrifice ma poi si auto-distrussero fra logorii interni e sfighe varie. In anticipo netto a certi pagliacci costruiti a perfezione del music entertainment di questi anni, il sestetto di Leicester aveva attirato attenzioni su di sè per l'affiliazione con la magia nera, l'esoterismo e altre amene cosette del genere, tipo sacrifici o sesso sul palco....
Ma la cosa importante era la musica, e Sacrifice era in effetti un gran bel disco prog. Il leader compositore, il chitarrista Jim Gannon, elaborava trame ariose e ben orchestrate su cui si accomodava la voce arcana di Kip Trevor che salmodiava i propri deliri ossianici. Gli arrangiamenti sono perfetti e misurati con le tastiere di Mooney, il sax di Jones e la sezione ritmica perfettamente equilibrati fra di loro. In ancient days, Way to power e Conjuration sono mini-sinfonie evocative ma dotate di una loro grinta tutta particolare. Attack of the demon e la lunga title-track poi hanno un tiro letteralmente fenomenale, in cui la circolarità è una dolce ossessione da cui farsi trascinare. La melodia viene fuori prepotentemente nella incredibile Seduction, una delizia fra Family e vaudeville-lounge, con gli archi a donare respiro.
Forse il pezzo più rappresentativo e ricordato del disco curiosamente è l'unico scritto da Jones, Come to the sabbat, che inizia con un coro tribale che riporta alla preistoria per poi fiorire in un motivo festaiolo alla Jethro Tull.
I cori ossessivi invitano a convenire a questo sabba, che musicalmente non aveva nulla a che vedere con quello nero che stava conquistando il mondo ma marchiava a fuoco la storia del prog con questo sacrificio che costerà caro alla vedova; altri due dischi inferiori e poi l'oblio....
Ma la cosa importante era la musica, e Sacrifice era in effetti un gran bel disco prog. Il leader compositore, il chitarrista Jim Gannon, elaborava trame ariose e ben orchestrate su cui si accomodava la voce arcana di Kip Trevor che salmodiava i propri deliri ossianici. Gli arrangiamenti sono perfetti e misurati con le tastiere di Mooney, il sax di Jones e la sezione ritmica perfettamente equilibrati fra di loro. In ancient days, Way to power e Conjuration sono mini-sinfonie evocative ma dotate di una loro grinta tutta particolare. Attack of the demon e la lunga title-track poi hanno un tiro letteralmente fenomenale, in cui la circolarità è una dolce ossessione da cui farsi trascinare. La melodia viene fuori prepotentemente nella incredibile Seduction, una delizia fra Family e vaudeville-lounge, con gli archi a donare respiro.
Forse il pezzo più rappresentativo e ricordato del disco curiosamente è l'unico scritto da Jones, Come to the sabbat, che inizia con un coro tribale che riporta alla preistoria per poi fiorire in un motivo festaiolo alla Jethro Tull.
I cori ossessivi invitano a convenire a questo sabba, che musicalmente non aveva nulla a che vedere con quello nero che stava conquistando il mondo ma marchiava a fuoco la storia del prog con questo sacrificio che costerà caro alla vedova; altri due dischi inferiori e poi l'oblio....
(originalmente pubblicato il 25/08/08)
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