Nel 1984 i Cure sono un entità difficilmente definibile: The Top, controverso disco di pop barocco psichedelico, è poco più che un disco solista di Bob, appena liberatosi della catena di Siouxsie, in preda ad una forte dipendenza alcoolica, in perenne lite col suo scopritore-manager-boss Chris Parry. Eppure una line-up completa viene allestita alla bell'e meglio per un tour inglese, e si decide addirittura di dare alle stampe il primo live ufficiale. E Concert vede all'opera un quintetto che sorprende per la coesione, come se suonasse insieme da una vita. A partire dalla sezione ritmica, con un fluido Thornalley al basso che ben presto tornerà a fare il produttore (mestiere che fa tutt'oggi) e un potente Anderson alla batteria (ok ci voleva poco per essere meglio di Lol), che di lì a poco farà il matto in albergo picchiando Bob. Il redivivo Porl Thompson ritornava per la prima volta, mentre Lol stava dietro una tatastierina facendo il minimo. Inutile poi sottoleare la grande prova come sempre di Bob, superbo vocalist anche col minimo di effetti.
Tutte le 10 versioni sono nettamente superiori agli originali in studio. L'impatto è potente ed energico, nessuna song viene stravolta ma il gruppo suona essenziale alla grande e con trasporto emotivo. Il repertorio precedente viene ripescato in misure eguali, dando grande varietà alle atmosfere; da The Top in particolare, che mi sembra un po' ingessato, acquistano dinamicità Shake Dog Shake e una delirante Give me it, poderosa cavalcata ai limiti dell'heavy metal con il sax starnazzante di Porl in grande evidenza. The walk viene ripulita da inutili effetti di studio per apparire l'ottima song che è. Dalla trilogia dark gli anthem estratti subiscono lo stesso trattamento rinvigorente ed energizzante: Charlotte sometimes sublime inno romantico, Primary treno wave in piena corsa, The hanging garden tribale risveglio invernale, One hundred years lancinante spleen nero pece, A forest gelida contemplazione autunnale. Tutti classici che non smettono mai di suonare freschi. Ma le vere ciliegine sono i due finali, ovvero ciò che fu il primo singolo in assoluto del 1978: 10.15 saturday night col suo brio esistenziale sospeso nel vuoto, e a chiudere una incendiaria Killing an arab, sicuramente la migliore versione che abbiano mai fatto, assolutamente devastante.
Nonostante sia considerato più o meno da tutti un episodio minore nella discografia, ritengo Concert un grande live. Ancora oggi al millesimo (o milionesimo?) ascolto. D'altra parte i beniamini tali sono e tali rimangono.
(originalmente pubblicato il 09/08/08)
Tutte le 10 versioni sono nettamente superiori agli originali in studio. L'impatto è potente ed energico, nessuna song viene stravolta ma il gruppo suona essenziale alla grande e con trasporto emotivo. Il repertorio precedente viene ripescato in misure eguali, dando grande varietà alle atmosfere; da The Top in particolare, che mi sembra un po' ingessato, acquistano dinamicità Shake Dog Shake e una delirante Give me it, poderosa cavalcata ai limiti dell'heavy metal con il sax starnazzante di Porl in grande evidenza. The walk viene ripulita da inutili effetti di studio per apparire l'ottima song che è. Dalla trilogia dark gli anthem estratti subiscono lo stesso trattamento rinvigorente ed energizzante: Charlotte sometimes sublime inno romantico, Primary treno wave in piena corsa, The hanging garden tribale risveglio invernale, One hundred years lancinante spleen nero pece, A forest gelida contemplazione autunnale. Tutti classici che non smettono mai di suonare freschi. Ma le vere ciliegine sono i due finali, ovvero ciò che fu il primo singolo in assoluto del 1978: 10.15 saturday night col suo brio esistenziale sospeso nel vuoto, e a chiudere una incendiaria Killing an arab, sicuramente la migliore versione che abbiano mai fatto, assolutamente devastante.
Nonostante sia considerato più o meno da tutti un episodio minore nella discografia, ritengo Concert un grande live. Ancora oggi al millesimo (o milionesimo?) ascolto. D'altra parte i beniamini tali sono e tali rimangono.
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