Un uomo talmente segnato dalla morte del padre da chiamare il suo progetto musicale con uno pseudonimo tanto raggelante quanto laconico. Mark Edwards è un cantautore americano che da oltre 20 anni fa dischi nell'underground, con zero speranze di successo. Ed oltretutto nemmeno la critica lo ha salutato con tanto entusiasmo, confinandolo di fatto in una nicchia oscurissima. Negli anni '90 la Trance Syndicate lo mise sotto contratto e comprai questo Shine(r) dopo aver sentito il suo ottimo contributo alla compilation I Cinco Anos.
Non si trattava di un album di inediti ma di una raccolta che comprendeva un EP di qualche anno prima, estratti da flexi o split più una manciata di inediti ripescati. Nel complesso il disco in effetti soffre di una certa discontinuità ma è molto interessante nell'inquadrare un songwriter che manifesta il proprio disagio esistenziale fra rock chiaroscurale e pop-folk. Lo definirei quasi una versione spleen dei Guided By Voices.
Molto riusciti i pezzi più aggressivi come Like a Vise, 20 Years Deep e All my strength, in cui la grinta è chiara conseguenza di una disperazione. In Nothing special un riff circolare di rara bellezza maschera la monotonia effettiva della song. Gone gonna rise è la ballata acustica meglio riuscita del lotto, Always & forever è la sua revisione rilassata della new-wave. Babe in the woods è la migliore composizione, con quella girandola di chitarre multicolori dal sapore classicamente americano.
Altrove affiora una certa ruffianaggine che, oltre che inadeguata al personaggio, appare davvero scontata e venuta anche male. Nulla che tolga rispetto ad Edwards, comunque, che resta un cantautore minore e niente di più.
(originalmente pubblicato il 22/05/08)
Non si trattava di un album di inediti ma di una raccolta che comprendeva un EP di qualche anno prima, estratti da flexi o split più una manciata di inediti ripescati. Nel complesso il disco in effetti soffre di una certa discontinuità ma è molto interessante nell'inquadrare un songwriter che manifesta il proprio disagio esistenziale fra rock chiaroscurale e pop-folk. Lo definirei quasi una versione spleen dei Guided By Voices.
Molto riusciti i pezzi più aggressivi come Like a Vise, 20 Years Deep e All my strength, in cui la grinta è chiara conseguenza di una disperazione. In Nothing special un riff circolare di rara bellezza maschera la monotonia effettiva della song. Gone gonna rise è la ballata acustica meglio riuscita del lotto, Always & forever è la sua revisione rilassata della new-wave. Babe in the woods è la migliore composizione, con quella girandola di chitarre multicolori dal sapore classicamente americano.
Altrove affiora una certa ruffianaggine che, oltre che inadeguata al personaggio, appare davvero scontata e venuta anche male. Nulla che tolga rispetto ad Edwards, comunque, che resta un cantautore minore e niente di più.
(originalmente pubblicato il 22/05/08)
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