Una formazione d'altri tempi, che prende il nome da una vettura d'altri tempi, che ha la stabilità di restare unita ed indissolubile per tanti anni come negli altri tempi. Tre amici che cominciarono per gioco e poi si ritrovarono un ingaggio con la Thrill Jockey, alla quale sono tutt'ora legati. E' quasi incredibile come i Trans Am riescano ad andare avanti così coerentemente in tutto quello che fanno. Compreso lo stile musicale, fatto di schizofrenica elettronica mista a rock fracassone, una formula assistita da uno sguardo rivolto al passato ma anche con spirito d'intraprendenza, una buona dose d'ironia e qualche posizione politica (sono stati ferocemente satirici nei confronti di Bush più di una volta negli ultimi anni).
The surveillance, terzo disco in ordine di apparizione, è equamente ripartito fra pezzi spiccatamente elettronici e genuinamente rock. Ho sempre pensato in questi ultimi che il punto forte dei TA sia il batterista Seb Thompson, un novello Jaki Liebezeit, in grado di suonare come una macchina ma col feeling umano e l'agilità di un Bonzo, assistito dal graffiante bassista Means. Manley è invece l'anima musicale, il creativo che si ispira direttamente ai Kraftwerk quando gioca con le macchine ma quando imbraccia la chitarra diventa un terrorista incendiario.
Sul fronte elettronico si muovono fra bleeps e ritmi sintetici, fra kraut rock e Aphex Twin. Nulla di oggettivamente irresistibile secondo me, più che altro sono funzionali come "cuscinetti" in mezzo alle granate rock che i tre sparano come ossessi. Armed response apre il disco con spigoli vivi ed un riff insistito di basso. Le pause rumoristiche sfregiano The campaign che si fa largo su ostacoli wave. Extreme measures gioca su stop & go, partenze e ripartenze declamate da una sezione ritmica incandescente. Stereo situation, satura di elettricità l'aria con una progressione irresistibile, come fondere noise-rock e hard-rock anni '70 in un colpo solo.
Quando i TA provano ad amalgamare le due componenti (elettro e rock) ne esce fuori il lato più ironico e ludico; Home security è un pezzo esilarante, in cui soltanto la batteria è umana; il synth si occupa di surrogare gli altri strumenti, il risultato è quantomeno memorabile.
The surveillance, terzo disco in ordine di apparizione, è equamente ripartito fra pezzi spiccatamente elettronici e genuinamente rock. Ho sempre pensato in questi ultimi che il punto forte dei TA sia il batterista Seb Thompson, un novello Jaki Liebezeit, in grado di suonare come una macchina ma col feeling umano e l'agilità di un Bonzo, assistito dal graffiante bassista Means. Manley è invece l'anima musicale, il creativo che si ispira direttamente ai Kraftwerk quando gioca con le macchine ma quando imbraccia la chitarra diventa un terrorista incendiario.
Sul fronte elettronico si muovono fra bleeps e ritmi sintetici, fra kraut rock e Aphex Twin. Nulla di oggettivamente irresistibile secondo me, più che altro sono funzionali come "cuscinetti" in mezzo alle granate rock che i tre sparano come ossessi. Armed response apre il disco con spigoli vivi ed un riff insistito di basso. Le pause rumoristiche sfregiano The campaign che si fa largo su ostacoli wave. Extreme measures gioca su stop & go, partenze e ripartenze declamate da una sezione ritmica incandescente. Stereo situation, satura di elettricità l'aria con una progressione irresistibile, come fondere noise-rock e hard-rock anni '70 in un colpo solo.
Quando i TA provano ad amalgamare le due componenti (elettro e rock) ne esce fuori il lato più ironico e ludico; Home security è un pezzo esilarante, in cui soltanto la batteria è umana; il synth si occupa di surrogare gli altri strumenti, il risultato è quantomeno memorabile.
(originalmente pubblicato il 11/07/08)
Nessun commento:
Posta un commento