Raccolta dei primi due EP, Fight songs e Marshmallows. Brian McMahan si prese il suo tempo, probabilmente terminò gli studi e insieme al fratello mise insieme una band estemporanea. Il suono è senz'altro riconducibile agli Slint in occasione di quei vuoti deflagranti e abissali, quelle stasi angoscianti, ma non solo: persino le tracce più vibranti ricordano alle schizofreniche danze di Tweez.
Grace beneath the pines appartiene alla prima categoria, con un pizzico di disincanto; gli accordi sparuti e centellinati, la voce sussurrata, il break drammatico, tutto molto minimale.
Ma con How i beat the devil ci si risveglia in preda ad una tarantella esplosiva e deragliata, un minuto e mezzo e si ritorna alla quiete con Get and stay get march, pacifica ballad dai toni trasognati con arie tastieristiche.
Marshmallows era leggermente multiforme. Accanto ad un paio di pezzettini solari ed allegri, McMahan tirava fuori dal cilindro qualche miracolo: un gong e un dilaniare di Telecaster introducono I wear the gold, strumentale da paura; batteria marziale e poliritmica, mugugnii sinistri, feedback in risonanza, accordi dissonanti, l'essenza slintiana al midollo spinale.
Winter lair invece è la nuova Don Aman: desolazione semi-acustica, la spettralità da camera, qualche percussione in sottofondo, come la soundtrack del paesaggio dopo l'uragano.
Grace beneath the pines appartiene alla prima categoria, con un pizzico di disincanto; gli accordi sparuti e centellinati, la voce sussurrata, il break drammatico, tutto molto minimale.
Ma con How i beat the devil ci si risveglia in preda ad una tarantella esplosiva e deragliata, un minuto e mezzo e si ritorna alla quiete con Get and stay get march, pacifica ballad dai toni trasognati con arie tastieristiche.
Marshmallows era leggermente multiforme. Accanto ad un paio di pezzettini solari ed allegri, McMahan tirava fuori dal cilindro qualche miracolo: un gong e un dilaniare di Telecaster introducono I wear the gold, strumentale da paura; batteria marziale e poliritmica, mugugnii sinistri, feedback in risonanza, accordi dissonanti, l'essenza slintiana al midollo spinale.
Winter lair invece è la nuova Don Aman: desolazione semi-acustica, la spettralità da camera, qualche percussione in sottofondo, come la soundtrack del paesaggio dopo l'uragano.
(originalmente pubblicato il 06/09/08)
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