Hard-rock fragoroso e compatto, quello del trio; eccellenti anche Hendricks al basso e Leger, batterista meno tecnico di Chè ma ugualmente abile nel sostenere ritmiche medio-veloci. The joy of wine mischia tante cose dei 20 anni precedenti, a partire dagli anni '70 fino al primissimo post-rock (Excellent poker player ricorda certe cose degli ultimi Slint, fra arpeggi e recitati sottovoce), fra zampate hardcore e qualche impennata pop-folk (Foof).
Forse qualche pezzo si poteva tagliare, visto che l'eccessiva lunghezza tende a rendere faticoso l'ascolto di un disco che comunque si fa apprezzare per suono e tecnica più che per la qualità del songwriting.
Molto meglio i Don Caballero, molto più originali gli Storm & Stress....
(originalmente pubblicato il 05/06/08)
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