mercoledì 28 aprile 2010

Oxbow - The narcotic story (2007)

Quasi 20 anni di carriera e soltanto 6 dischi in carniere.
Da San Francisco, una delle migliori espressioni di rock evoluto di sempre. Legati indissolubilmente alle figure di Eugene Robinson, il pazzo vocalist che ama cantare i gigs in mutande (quando va bene ha anche una canotta bianca) e alla creatività musicale del chitarrista Niko Wenner, gli Oxbow hanno sempre centellinato le uscite, regalando alla nicchia del loro pubblico un disco ogni 4-5 anni. Risultato: una carriera folgorante.
The narcotic story è uscito l'anno scorso ed è il prodotto di una evoluzione naturale, dal sound terrorifico degli esordi alle inquietanti colonne sonore da teatri melodrammatici metropolitani di oggi. La coesione non può che migliorare in un gruppo che, come il buon vino, più invecchia e più migliora. Robinson, novello David Thomas, impazza con le sue deviazioni vocali impazzite. Wenner sforna riffs abrasivi ed incisivi ma si conferma grande arrangiatore dando spazi importanti alle tastiere e agli archi. Perfetta la sezione ritmica.
The geometry of business apre con un blues sgangherato, inizio blando e meditato che preannuncia l'esplosione dirompente di Down a stair backward, bandiera del disco. Potentissima l'azione del quartetto, fra le sciabolate chirurgiche di Wenner, le rullate implacabili di Davis, le urla dilaniate di Robinson. In due parole, il pezzo definitivo che i Jesus Lizard non sono mai riusciti a confezionare. La suite di 12 minuti She's a find ha un moto cinematico a dir poco eccezionale, strutturato in tre parti; l'inizio placido e maudit, la fase centrale allucinata fra sinfonie d'archi e chitarre distorte, il finale sostenuto da magici accordi sospesi nel vuoto.
Più tradizionale Frankly Frank col suo blues-noise, anche se è illecito aspettarsi qualcosa di convenzionale da parte loro. Un altro pezzo maledettamente avvincente dall'aria fatalista e dalla melodia malata è A winner every time. Devastante lo stomp di Frank's Frolic, fra arie sinfoniche e fiati deliranti. La melma di It's the giving, not the talking stabilisce nel finale la certificazione di genialità; fra glockenspiel, saturazioni di chitarra e campane a festa ha vita il prog-noise.
Auguro agli Oxbow almeno altri vent'anni di dischi. Sempre con calma, però.

(originalmente pubblicato il 09/07/08)

Nessun commento:

Posta un commento