mercoledì 28 aprile 2010

Lucio Battisti - Don Giovanni (1986)

Durante le ferie ho letto Sulle corde di Lucio, libro da poco uscito scritto da Di Cioccio e Bertoncelli, restandone non poco contrariato. La figura artistica ed umana di Battisti ne esce notevolmente ridimensionata, anche se forse ciò è dovuto al fatto che Di Cioccio era un suo stretto collaboratore negli anni del primo successo e quindi non poteva vivere la cosa dall'esterno. La cosa che mi sconvolge però è lo scherno con cui viene affrontato il periodo panelliano, ridotto ad un paio di paginette superficiali (ok, è vero che allora nessuno lo vedeva / sentiva ma anche se non ti piace devi dargli comunque spazio, se no non sei equo).
Ma io mi inchino con reverenza di fronte a questo capolavoro della musica italiana. Menzionavo già la mia devozione al maestro, supremo genio melodico di comunicatività. Ritengo Don Giovanni alla pari delle opere magne con Mogol dei '70, Anima Latina, Amore e non amore, Il nostro caro angelo. La storia bene o male la sanno tutti, di questo ritorno da sussulto alla schiena: il Panella, anni dopo, minimizzerà alquanto l'esperienza col suo fare guascone. La cosa importante è che qui nascevano prima le musiche e poi i testi, mentre nei 4 dischi successivi il processo verrà rovesciato, influenzando non poco le dinamiche.
Non riesco mai a smettere di ascoltare questo disco, dopo migliaia di volte resto sempre affascinato e magnetizzato. Il trittico di partenza è qualcosa di incredibilmente raffinato: Le cose che pensano è una song lenta ed atmosferica, con cascate di piano, la voce sempre giovane ed unica al mondo, e le liriche panelliane, mamma mia, sono giochi di parole da imprimersi nel cervello a lettere cubitali. Le progressioni degli accordi sono il marchio di fabbrica battistiano al meglio della propria produzione: nulla di artisticamente complicato, il genio non ha bisogno di sofisticazioni. Sax e bordoni d'archi introducono Fatti un pianto; La ritmica parte subito veloce, Panella alterna lacrime a generi alimentari mentre l'arrangiamento si stratifica e diventa sempre più lussureggiante fino a raggiungere il climax....dai piangete, e dai che ne ho sete...Un mood ombroso permea Il doppio del gioco, emozionale didascalia di voci riverberate. Madre pennuta sposta il tiro su una wave elettronico-ipnotica. I musicisti e il produttore in questa sede erano tutti anglo-americani, decisione necessaria per il maestro per smarcarsi dalle ovvietà tricolori.
Il lato B si apre con l'esilarante lista di Equivoci amici, proseguendo con la fusion decolorata di Che vita ha fatto e chiudendosi con le spirali armoniche de Il diluvio. Nel mezzo l'apice del disco, la title-track, un fenomenale pezzo da isola deserta. Un madrigale struggente per percussioni, archi e keyboards atmosferiche, che spezza cuori come il protagonista con una melodia killer.
Nient'altro da dire, forse mi sono già troppo esaltato...

(originalmente pubblicato il 26/08/08)

5 commenti:

  1. Credo che Battisti sia stato l'unico cantautore italiano (almeno fra quelli a me noti) in grado di comunicare emozioni prima di tutto attraverso le idee musicali, rendendo il testo (una volta tanto) secondario nella canzone nostrana (anzi, a dirla tutta credo che apprezzerei di più Battisti se non conoscessi l'italiano, dato che i testi di Mogol hanno spesso un grado di patetismo eccessivo, per i miei gusti).
    Detto questo, credo che tu sia l'unica persona vivente (forse con l'eccezione di Panella) ad apprezzare il periodo di Battisti post Mogol. :)
    Cioè, io non lo conosco per niente, ma ne ho sempre sentito dire peste e corna.
    Questo tuo post, però, mi ha incuriosito parecchio (ho visto, tra l'altro che hai messo Don Giovanni anche fra gli album fondamentali del decennio), per cui lo ascolterò sicuramente.

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  2. Non sono l'unico, dai...E' vero che siamo in pochi, perchè il panellismo o lo si ama o lo si odia, e siamo in pochi, certo. Ma l'anno scorso ho letto un libro che faceva i raggi X al periodo in questione e in appendice c'erano interviste a musicisti che esprimevano il loro amore verso Don Giovanni, L'Apparenza, etc...
    Se ne è sempre sentito dire peste e corna perchè LB era un personaggio stanco alla fine dei 70 e si volle rimettere in discussione stravolgendo tutto, sorprendendo, anche raggelando il pubblico. Poi è chiaro che Panella come persona è odiosa e insopportabile per quant'è snob, ma le sue liriche per me sono una cosa divina.
    Per questo, l'accoppiata secondo me ha fatto cose assurde.
    Attendo curioso tuo sincero parere...

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  3. io sono un altro che apprezza il periodo panelliano di Battisti e Don Giovanni è secondo me, l'apice della carriera di Lucio.
    ciao

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  4. Io ho amato questo disco fin dal primo ascolto, eppure col tempo mi sono reso conto di adorare anche il successivo "L'Apparenza". Complimenti per la scelta, comunque.
    PS: sarei molto interessato a conoscere il libro da te menzionato sul periodo bianco di Battisti.

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  5. Ciao Pier,
    per me "L'apparenza" è tranquillamente allo stesso livello di Don Giovanni, autentico capolavoro!
    Il libro in questione è "Specchi Opposti", scritto da Rebustini. Credo che sia imperdibile per ogni panellofilo battistiano...
    Ciao!

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