La title-track iniziale è un bell'esercizio pop-atmosferico e raccoglie tutti i classici ingredienti dell'ultima fase Japan: la forma canzone più o meno tradizionale, la splendida voce baritonale del leader, il fretless sgusciante ed imprendibile di Karn, le miriadi di tastiere di Barbieri, le ritmiche viaggianti sul dance-wave di Jansen. Di Dean, come detto, quasi nessuna traccia.
Swing incupisce i versanti melodici, che diventano quasi apocalittici su Burning bridges, desolante sinfonia per tastiere e fiati. My new career restituisce il trademark classico con uno splendido schema melodico (semplice passaggio strofa in maggiore = ritornello in minore). La ritmica fratturata di Methods of dance influenzerà non poco i primi Tears For Fears. Taking islands in Africa segna l'inizio della collaborazione compositiva Sakamoto-Sylvian, contrassegnata da umori dark-esotici.
Ma l'autentica avvisaglia di ciò che sarà in grado il bell'uomo del Kent anni dopo è il pezzo più bello che sia mai stato registrato dai Japan, Nightporter. Un madrigale solitario per piano, tastiere e archi a dir poco commovente. Sette minuti di arte raffinata e melanconica, quasi musica classica che fa rabbrividire e sognare ad ogni ascolto.
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