Non è tutto oro ciò che luccica, e Lavalle mi sembra un ottone della categoria.
Non ho mai capito il perchè di tutto questo clamore attorno a In a safe place, che in fondo è un discreto disco di sottofondo folk-ambient, ma nulla che meriti più della sufficienza. Il chitarrista dei Tristeza si rilassa nei geyser islandesi per dare vita ad una inflazionata raccolta di electro-glitches impastati con strumenti tradizionali, per un idea che non regge il confronto con i fuoriclasse della categoria. Colpa del songwriting, fiacco e scontato; non serve la presenza di Jenkins in due brani (chè in fondo è il motivo per cui mi sono avvicinato al disco), nè le alternanze di drumless space con qualche beat elettronico, nè le brevi sortite pastorali con archi e fiati che vorrebbero rendere più umano il feeling, scialbo e senza impennate che scuotino l'ambient(e).
(originalmente pubblicato il 23/06/09)
Non ho mai capito il perchè di tutto questo clamore attorno a In a safe place, che in fondo è un discreto disco di sottofondo folk-ambient, ma nulla che meriti più della sufficienza. Il chitarrista dei Tristeza si rilassa nei geyser islandesi per dare vita ad una inflazionata raccolta di electro-glitches impastati con strumenti tradizionali, per un idea che non regge il confronto con i fuoriclasse della categoria. Colpa del songwriting, fiacco e scontato; non serve la presenza di Jenkins in due brani (chè in fondo è il motivo per cui mi sono avvicinato al disco), nè le alternanze di drumless space con qualche beat elettronico, nè le brevi sortite pastorali con archi e fiati che vorrebbero rendere più umano il feeling, scialbo e senza impennate che scuotino l'ambient(e).
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