Decisamente il mio disco preferito di Hansen, seppur abbia segnato una certa normalizzazione rispetto alle prime iconoclastiche produzioni. Ma l'accuratissima produzione vintage e la squisita bellezza del songwriting di Mutations lo rende comunque molto speciale anche se fu pubblicato solo per ragioni contrattuali, e lo ricordo come un ascolto molto assiduo nell'estate del 1998.
Erano proprio dei begli scarti, gli 11 pezzi, caratterizzati da un atmosfera generalmente tranquillissima, in bilico fra country, blues e una leggera psichedelia come l'iniziale Cold Brains o l'incantevole Nobody's fault but my own, una sorta di The End aggiornata agli anni '90 come ballad trasognata e misticheggiante. Un inaspettato feeling rinascimentale grazie all'harpsichord premia We live again, che diventa quasi un leggero prog in Dead Melodies. Arie brasileire nell'allegra Tropicalia, country-rock frizzante in Bottle of blues, croonering di classe in O Maria, un impennata di energia col fuzz rollante di Diamond Bullocks e infine i rintocchi sinistri della sublime Runners dial zero che chiude magistralmente un disco che non sbaglia un pezzo.
Erano proprio dei begli scarti, gli 11 pezzi, caratterizzati da un atmosfera generalmente tranquillissima, in bilico fra country, blues e una leggera psichedelia come l'iniziale Cold Brains o l'incantevole Nobody's fault but my own, una sorta di The End aggiornata agli anni '90 come ballad trasognata e misticheggiante. Un inaspettato feeling rinascimentale grazie all'harpsichord premia We live again, che diventa quasi un leggero prog in Dead Melodies. Arie brasileire nell'allegra Tropicalia, country-rock frizzante in Bottle of blues, croonering di classe in O Maria, un impennata di energia col fuzz rollante di Diamond Bullocks e infine i rintocchi sinistri della sublime Runners dial zero che chiude magistralmente un disco che non sbaglia un pezzo.
(originalmente pubblicato il 25/09/09)
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