Con questo completo il mio trittico favorito del power-trio nipponico. Non sarà un caso se questo e Flood siano in gran parte caratterizzati da atmosfere tranquille, dilatate e trasognate. Il fatto è che come ben si sa di solito i Boris vengono filed under heavy and stoner, garage-noise se non addirittura metal drone. Ma questa sorta di colonna sonora sono casi a parte, in cui si esplorano terreni bucolici, in un campo ambient-rock soffuso e soffice, e nonostante la funzionalità per la quale è stato composto, il disco si regge in piedi perfettamente ed evidenzia la grande personalità di questo inossidabile e coeso combo.
Se Flood era una suite incentrata in 4 movimenti, Mabuta no ura è ben diviso in pezzetti distinti.
L'unica eccezione sonora è A bao a qu, avvincente ed epico mattone di 10 minuti memore dei Motorpsycho di Demon box. Ma resterà l'unico episodio elettrico, e se si tolgono anche i drone minacciosi di Theme e Space behind me 2, resta l'infinita dolcezza delle languide ballad strumentali The middle of the stairs, Slow riddle of a puddle e Melting guitar. The picture of a wind sembra uscita dalla penna di Syd Barrett, mentre White warmth e Smoke sequence da parte di Skip Spence. Due passaggi funzionali come Your name e It touches tolgono la polvere dalla batteria, ma sono ininfluenti in un contesto dove l'ambientalismo post-rock di Yesterday morning e il tribalismo di Amber bazar sono altre variazioni sui temi che rendono ancora più brillante Mabuta no ura.
Col risultato che questo sembra un po' un tassello di carriera per certi versi simile a quello che fu More per i Pink Floyd...con tutti i pro del caso.
(originalmente pubblicato il 30/09/09)
Col risultato che questo sembra un po' un tassello di carriera per certi versi simile a quello che fu More per i Pink Floyd...con tutti i pro del caso.
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