L'ultima in ordine temporale delle 5 uscite collaborative fra il rumorista giapponese (di cui devo ammettere che non ho mai sentito nulla) e il power trio ultra-eclett(r)ico che amo tanto.
Questo è un doppio cd live, autentico sforzo massimalista, orgia di suoni roventi. Praticamente è un tipico concerto dei Boris con l'aggiunta di Merzbow al terrorismo sonico, alle spirali di audio generator, ai tubi catodici catarifrangenti, col grande pregio di non montare mai sopra, di non invadere ma di essere funzionale e ben mixato nel complesso.
L'inizio è il grande classico, quello che per me resta il loro capolavoro d'intenti, i 35 minuti di Feedbacker che avvolgono, entrano dentro lentamente, vengono investiti dal tifone e poi lasciati desolanti nelle rovine desertiche del finale in cui si scatena Merzbow. I cui ghirigori elettro-tossici dominano l'inedita Evil Stack e la rovinosa catastrofe doom di Black out.Almeno metà del secondo disco è occupata dai brucianti garage-core tratti da Pink, eseguiti con una energia ed una velocità che ha quasi del sovrumano. Ma è con gli altri pezzi che Rock Dream assume quasi le sembianze di un live best of.
Il lato morbido e morboso di Rainbow rappresenta l'unico momento quieto. L'emo-doom di A bao a qu è un colosso. La trasposizione pinkfloydiana di The evil one which sobs sembra portarci in una Pompei invasa dalla lava, che continua con la cover di un gruppo simil-prog nipponico degli anni '70, la malinconica e solenne Flower sun rain.
Ancora, la potenza devastante non sembra avere fine. L'inarrestabile Just abandoned myself si protrae per 13 minuti in una sequenza sanguinaria, a chiudere quello che per me è il miglior pezzo di Pink, Farewell che smorza la virulenza del disco con uno sprazzo di luce positiva.
Magico massimalismo.
Questo è un doppio cd live, autentico sforzo massimalista, orgia di suoni roventi. Praticamente è un tipico concerto dei Boris con l'aggiunta di Merzbow al terrorismo sonico, alle spirali di audio generator, ai tubi catodici catarifrangenti, col grande pregio di non montare mai sopra, di non invadere ma di essere funzionale e ben mixato nel complesso.
L'inizio è il grande classico, quello che per me resta il loro capolavoro d'intenti, i 35 minuti di Feedbacker che avvolgono, entrano dentro lentamente, vengono investiti dal tifone e poi lasciati desolanti nelle rovine desertiche del finale in cui si scatena Merzbow. I cui ghirigori elettro-tossici dominano l'inedita Evil Stack e la rovinosa catastrofe doom di Black out.Almeno metà del secondo disco è occupata dai brucianti garage-core tratti da Pink, eseguiti con una energia ed una velocità che ha quasi del sovrumano. Ma è con gli altri pezzi che Rock Dream assume quasi le sembianze di un live best of.
Il lato morbido e morboso di Rainbow rappresenta l'unico momento quieto. L'emo-doom di A bao a qu è un colosso. La trasposizione pinkfloydiana di The evil one which sobs sembra portarci in una Pompei invasa dalla lava, che continua con la cover di un gruppo simil-prog nipponico degli anni '70, la malinconica e solenne Flower sun rain.
Ancora, la potenza devastante non sembra avere fine. L'inarrestabile Just abandoned myself si protrae per 13 minuti in una sequenza sanguinaria, a chiudere quello che per me è il miglior pezzo di Pink, Farewell che smorza la virulenza del disco con uno sprazzo di luce positiva.
Magico massimalismo.
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