giovedì 10 giugno 2010

Groundhogs - Hogwash (1972)

Come i Family, le "marmotte" di Tony McPhee sono stati un complesso britannico dagli standard qualitativi altissimi ed originalissimi, senza ricavarne però un successo significativo. Ad oggi non se li ricorda più assolutamente nessuno, difatti, ed è un peccato perchè ascoltando dischi fantastici come Split o questo inebriante Hogwash ci si trova di fronte ad un power-trio blues che di blues ha ben poco. Anzi, la formula qui assume inusitate sembianze mai sentite altrove, un ibrido prog-blues sornione e cangiante. Merito forse anche dell'ingresso del batterista Brooks, proveniente da un gruppo di Canterbury. Fattostà che Hogwash è un calderone micidiale, dalla sottile potenza diagonale, con venature mentali davvero stimolanti. L'arpeggio della SG del leader introduce I love you Miss Oginy, prima perla della serie, caratterizzata da scarti di ritmo e giri vorticosi; la voce nasale e stentorea, la chitarra assoluta protagonista con le svisate taglienti e geniali, Cruikshank e Brooks sezione ritmica ineccepibile. Per la prima volta compaiono anche delle tastiere, precisamente un mellotron il cui soffio cosmico solca il finale di You had a lesson, nonchè l'inizio della ballad psichedelica Earth Shanty. Brooks si ritaglia l'angolo virtuoso con l'assolo effettato di The ringmaster. La rotolante 3744 James Road si propone come seguito di Cherry Red, se non che McPhee si perde in un assolo psicotico che dilata il pezzo.
Peccato che il perfetto lato A non venga replicato girando il vinile, occupato quasi esclusivamente da McPhee in blues acustici, sempre nel suo stile personalissimo, ma facendo dissolvere la magia sperimentale che avrebbe potuto incoronare Hogwash uno dei capolavori del post-blues dei primi '70.

(originalmente pubblicato il 03/08/09)

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