martedì 20 aprile 2010

Idaho - Live in Gleis 22, Munster (05-10-2002)

Un artista del quale si è sempre parlato troppo poco. Troppo di nicchia, Jeff Martin. Persino quando a metà anni 90, in piena era post-grunge, sembrava poter avere uno straccio di successo con un trio molto valido alle spalle e col disco più accessibile che abbia mai fatto (Three sheets to the wind). Poi ad un certo punto si disse che era ora di smetterla di giocare e si era trovato un lavoro, lasciando perdere gli Idaho. Ma è tornato sui suoi passi e ha preferito la libertà espressiva, mi piace pensarla così. Tre anni fa si è preso addirittura il lusso di fare il suo primo live in Italia, scegliendo l'Ex-Machina di Forlì, e la mia impressione è stata confermata. Martin ha davvero una stoffa straordinaria. E' un pianista con formazione classica di qualità indiscutibile, possiede una splendida voce, suona una chitarra a 4 corde che ricorda molto la Telecaster. Ed è stato autore variegato con un anima gentile e sognante, da quindici anni a questa parte.
Gli inizi furono fragorosi e disperati, con John Barry che fu estromesso per motivi di droga. Ma dopo 10 anni e tanti collaboratori non ho nascosto la mia sorpresa di ritrovarlo al fianco di Martin, sul palco. A 40 anni suonati si sono tolti lo sfizio di fare dei tour europei, accorgendosi di avere più seguito qua che a casa loro, in California.
Questo live tedesco del 2002 è assolutamente magico. L'audio è un impeccabile mixer-source. Jeff Martin suona principalmente al piano, pescando anche dal passato. I pezzi più belli sono gli inediti, mai usciti neanche sul disco successivo, canzoni che hanno il gusto del classico e il marchio inconfondibile del suo songwriting appassionato e atmosferico. John Barry fa ronzare qualche fischio di feedback ogni tanto. Il tutto sorretto da un giovane e innominato batterista (che purtroppo perderanno quasi subito) che non fa sentire la mancanza di un basso con un tocco felpato e fantasioso, quasi jazzato.

(Originalmente pubblicato il 15/01/2008)

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