Un altra trilogia che si completa, purtroppo perchè questo per i 4 hippies di Newcastle fu l'addio. Se avessero continuato cambiando stile ogni disco, non oso pensare cosa sarebbe successo. ASC era una deviazione netta verso la meditazione cosmica, prevalentemente una pausa rilassante dopo le scosse abrasive del capolavoro Moontan. Un massiccio uso di tastiere elettroniche, un allungamento della durata media dei pezzi, Manseed che attenua il tono vocale, Swayambunath che vira verso coordinate gilmouriane, questi i tratti distintivi del disco. Frasi minimali ed ipnotiche già nell'opening The elephant eye was eerie, così come nella nebulosa Warm within, con finale turbolento alla Ozric Tentacles. Relax totale nella solare Slouch factor, un po' il contraltare blues della Thought world del disco precedente, con un aggiunta di synth a spazializzare l'ambiente, prima di soggiornarlo. E' la parte finale a convincere di più: la caracollante Full Fist recupera la grinta forse perduta, con il chitarrista che torna a pestare su wah wah e distorsori. Free the weed, al di là del dichiarato intento di messaggio, è un inquieta mareggiata dai toni malinconici, decisamente la composizione migliore del disco, seppur lievemente prolissa. Vodaphone in Oz chiude con una vera e propria chilometrica escursione techno-ambient, che al tempo brillava di successo pressochè planetario (leggere Orb, Aphex Twin, Banco De Gaia e altri). Sinceramente, se dovesse essere stata questa la tendenza credo sia stato meglio lo split per i ragazzi.
(originalmente pubblicato il 23/07/09)
martedì 8 giugno 2010
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