E' un cantautore canadese e con questo secondo album si conferma come grande alfiere del rinascimento slow-folk. Ok, non è certo fra i primi arrivati, ma è il classico esempio di come si possa ancora fare buona musica senza necessariamente inventare nulla. D'altra parte le reminescenze che vengono in mente ascoltando 9 pregevolissimi pezzi sono tante. A volte sembra un Mark Kozelek più solare, a volte gli arrangiamenti più ricchi lo fanno sembrare una versione narcotizzata dei Pinetop Seven. L'umore generale è malinconico ma non depressivo, anzi. Le iniziali Let's go driving e So much time to call my own sono pezzi tendenzialmente positivi, con slide guitars e organo a scandire con calma i ritmi lenti, una voce rilassata e quasi in secondo piano. E' il songwriting a fare la differenza con altri epigoni del genere.
Ho fatto ascoltare questo disco ad un mio amico che è fanatico dei Rem da una vita e l'ha apprezzato tantissimo. Eh, la buona musica alla fine trionfa sempre.....
(Originalmente pubblicato il 26/02/2008)
Ho fatto ascoltare questo disco ad un mio amico che è fanatico dei Rem da una vita e l'ha apprezzato tantissimo. Eh, la buona musica alla fine trionfa sempre.....
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