mercoledì 21 aprile 2010

Cerberus Shoal - And farewell to the hightide (1996)

La prima cosa che mi ha affascinato di loro è il nome, così misterioso...Poi comprai questo cd import e apprezzai molto anche i contenuti. Provenienti da una zona sperduta degli States ai confini col Canada, credo che non esistano più perchè le discografie terminano col 2004 dopo 10 anni di pubblicazioni a gettito continuo. Il primo disco era un interessantissimo incrocio fra psichedelia ed emo-core, forse un po' monocorde ma di belle speranze. Questo secondo And farewell to the hightide virava decisamente verso un sound arioso, che richiama grandi foreste e spazi incontaminati. Melodie ricercate, architetture sonore di grande respiro e alternanze di pause con esplosioni di potenza. Avevano abbandonato le origini hc ma di tanto in tanto sfoderavano ancora qualche rasoiata che vivacizzava l'atmosfera.
Il brano d'apertura, Falling to pieces part one, mi fa pensare che se i Pink Floyd fossero nati nel 1994 in Canada e senza ascendenze blues avrebbero suonato esattamente così, con quelle chitarre echeggianti. Lo strumentale ad alto contenuto energetico Broken spings si dirama per 10 minuti fra deragliamenti impazziti e libere percussioni. J.B.O. vs. Blin e Make winter a driving song sono splendidi quadretti che mi fanno capire da chi sono stati influenzati i Mogwai più pastorali, quelli dello Stanley Kubrik Ep. Una degna chiusura al disco è Falling to pieces part two, che ovviamente riprende il tema iniziale senza sezione ritmica, con l'aggiunta di un recitato che fa very soundtrack, di flauti ed effetti al contrario e una coda pianistica assolutamente emozionante, da far venire la pelle d'oca.
Se fossi un regista e dovessi inquadrare il finale di un mio film con un sottofondo vibrante utilizzerei questi 3 minuti finali.

(Originalmente pubblicato il 26/01/2008)

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