Ecco qua il disco più bello della stagione prog italiana, frutto di un complesso che di lì a poco si scioglierà, lasciando un vuoto che altri proveranno a colmare con risultati alterni. Per nulla servile o imitatore di modelli britannici allora tanto in voga, i Metamorfosi concepirono un viaggio nell'inferno dantesco riadattandolo a temi dell'attualità di allora. Un trip avvincente e senza pause, dominato dall'impressionante arsenale di tastiere di Enrico Oliveri, dalla voce possente e carismatica di Jimmy Spitaleri e dalla mobilissima sezione ritmica di Roberto Turbitosi e Gianluca Herygers. Se qualcuno lo ascolta per la prima volta, ovviamente deve essere un minimo cultore del prog, invidio la sorpresa di non sapere mai cosa succede da un momento all'altro. Io ormai li ho imparati a memoria, questi 40 minuti di fuoco e fiamme, fra momenti solenni e fughe dal sapore classic-core, in cui non si rimpiange neanche un attimo l'assenza di qualsiasi tipo di chitarre. Sopra la media Spacciatori di droga, Malebolge, Razzisti e Fossa dei Giganti.
E si lascino perdere i paragoni col Banco o con qualsiasi altro complesso prog di quegli anni, la proposta dei Metamorfosi era una delle più personali che si potessero sentire all'epoca.
E si lascino perdere i paragoni col Banco o con qualsiasi altro complesso prog di quegli anni, la proposta dei Metamorfosi era una delle più personali che si potessero sentire all'epoca.
(Originalmente pubblicato il 28/01/2008)
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