Per me, uno dei massimi cantautori degli ultimi 20 anni. In termini di giustizia e riconoscimenti, con gli American Music Club avrebbe meritato poco meno del successo che hanno avuto i R.e.m.. Ma si sa, il pubblico va dove le case discografiche dirigono il vento.
Nel decennio in cui ha pubblicato dischi da solo, il buon Eitzel ha visto spuntare come funghi bands americane che si sono ispirate apertamente alla filosofia AMC, di cui solo i Red House Painters sono stati all'altezza (non a caso fu proprio lui a scoprirli). Facile capire quindi perchè abbia voluto riesumare la sigla originaria, un po' per riappropiarsi di ciò che è sostanzialmente suo, un po' perchè l'ispirazione aveva bisogno della vicinanza di Vudi e compagnia.
Il mio disco preferito è questo Ugly American, che altro non è che una coverizzazione di se stesso e alcuni classici AMC che ha registrato in Grecia con valenti musicisti locali. Come dire, magico. In assenza di nuove composizioni, ha sfoggiato la sua classe cristallina per reinterpretarli con un nuovo arrangiamento, quasi orchestrale, impreziosito da archi, mandolini, contrabbassi e strumenti tradizionali greci. Un plauso va fatto sicuramente anche a questi musicisti, assolutamente bravissimi nel dare profondità e mediterraneità ad un songwriting tipicamente americano.
Assolutamente da brividi le rendition di Last Harbour e What good is love.
(Originalmente pubblicato il 13/02/2008)
Nel decennio in cui ha pubblicato dischi da solo, il buon Eitzel ha visto spuntare come funghi bands americane che si sono ispirate apertamente alla filosofia AMC, di cui solo i Red House Painters sono stati all'altezza (non a caso fu proprio lui a scoprirli). Facile capire quindi perchè abbia voluto riesumare la sigla originaria, un po' per riappropiarsi di ciò che è sostanzialmente suo, un po' perchè l'ispirazione aveva bisogno della vicinanza di Vudi e compagnia.
Il mio disco preferito è questo Ugly American, che altro non è che una coverizzazione di se stesso e alcuni classici AMC che ha registrato in Grecia con valenti musicisti locali. Come dire, magico. In assenza di nuove composizioni, ha sfoggiato la sua classe cristallina per reinterpretarli con un nuovo arrangiamento, quasi orchestrale, impreziosito da archi, mandolini, contrabbassi e strumenti tradizionali greci. Un plauso va fatto sicuramente anche a questi musicisti, assolutamente bravissimi nel dare profondità e mediterraneità ad un songwriting tipicamente americano.
Assolutamente da brividi le rendition di Last Harbour e What good is love.
(Originalmente pubblicato il 13/02/2008)
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