domenica 25 aprile 2010

Peter Hammill - The silent corner and the empty stage (1973)

Non posso nascondere di essere un grande fan di Peter Hammill e dei Van Der Graaf Generator.
Soprattutto le prove mirabolanti degli anni '70 hanno messo in mostra le doti infinitamente creative e suggestive di un genio musicale e compositivo accompagnato da altrettanti maestri.
L'unica bacchettata che gli si può muovere è relativa alla incredibile incontinenza produttiva che inevitabilmente ha ridimensionato l'impatto storico del personaggio. Neppure l'infarto che lo mise in pericolo di vita qualche anno fa è riuscito a frenare il suo lavoro. Ad oggi gli album incisi solo da solista sono più di 40, e devo dire che non sono ancora riuscito a sentirli tutti nonostante per me sia più o meno un idolo.
The silent corner and the empty stage fu il suo 3°, durante la prima pausa dai VDGG. Penso che sia un autentico masterpiece della sua arte originalissima, ed il termine prog-rock in cui è sempre stato inquadrato è veramente ridicolo.... Se dovessi sintetizzare in due parole questo disco, vorrei dire che è un disco di levitazione, tanta è l'enfasi e l'elevazione che questi 7 pezzi generano all'ascolto. Hammill è stato secondo me uno dei più grandi cantanti della storia del rock e la sua voce è un trademark inconfondibile, ma qui il suo gusto per l'impressionismo e il gotico assumono forme e apici altrove mai eguagliati.
Modern apre con un'angosciante senso del macabro, con chitarra acustica e basso fuzz a marchiare a fuoco 7 minuti di scavi psicologici. Wilhelmina è una tranquilla ballata pianistica dai toni maggiori, una canzone d'amore fatalista. The lie è uno dei massimi punti toccati dal maestro; piano imponente riverberato, organo da chiesa, la voce che si estende fino all'inesprimibile passando dall'urlo al sussurro.
Entrano a questo punto in scena Guy Evans e David Jackson, il sound si arricchisce e Forsaken Garden è un altro, grande brivido. Una sinfonia commovente in cui i sax si inseguono, si rincorrono in uno splendente schema compositivo esistenziale. Red shift ha il dinamismo dei Van Der Graaf con un pizzico di psichedelia in aggiunta, ma è sempre un termine che inganna, impossibile racchiudere questa musica in categorie o definizioni. La timida Rubicon è un soffice palliativo che prepara al gran finale, ai 12 minuti da pelle d'oca, incredibili.
A louse is not a home è un opera vera e propria, in cui perdersi è inevitabile. Parlare di suite è riduttivo anche in questo caso. E' l'espressione impazzita, è appunto la levitazione ad uno stato superiore di arte che in poco meno di un quarto d'ora condensa decine di passaggi strumentali complessi che gruppi interi non hanno sviluppato in intere carriere.
Si passa dal concitato al paradisiaco, dal meditativo all'infernale in pochi secondi, in sequenze assolutamente imprevedibili.
Un icona.

(originalmente pubblicato il 15/04/08)

3 commenti:

  1. Capolavoro assoluto di uno dei massimi geni della musica contemporanea.
    Come hai scritto tu, il vertice dell'opera è la monumentale A Louse Is Not A Home, di cui è importante tradurre e interpretare anche il testo dal momento che risulta intimamente connesso alle scelte musicali (caratteristica costante in Hammill). A tal proposito, mi è stato di grande aiuto il bel saggio Shouting Down The Passage Of Time dell'autrice tedesca Dagmar Klein, che analizza le tematiche fondamentali dell'opus hammilliano attraverso le sue canzoni più significative.
    Sempre a proposito di quest'album, a dicembre ho assistito allo splendido concerto di Hammill a Roma, e fra i momenti topici della serata ci sono state le esecuzioni di Modern e The Lie (anche se il clou assoluto, per me, è stata la finale Still Life).

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  2. Che bello, Modern e The Lie dal vivo. Peccato, anch'io l'ho visto a dicembre ma delle vecchie praticamente ha fatto solo Vision e Easy to slip away.
    Quel saggio esiste anche in italiano?

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  3. No, purtroppo si trova solo in inglese (io l'ho ordinato su Amazon.de). Tra l'altro, il mio inglese è un po' scarsino, per cui finora ho letto solo alcune parti, saltando direttamente alle canzoni che mi interessavano di più.

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