Anticipando i tempi in tema di alternative-metal-hardcore che farà il pienone negli anni a venire, Page Hamilton fiutò perbene cosa fare. Dopo essersi diplomato in chitarra jazz nell'Oregon, anzichè sognare di diventare un novello Pat Metheny si trasferì nella caotica New York, trovò un posto nella Band Of Susans e intanto allestì il proprio quartetto, gli Helmet, trovando un accordo con la leggendaria Amphetamine Reptile (r.i.p.). I suoi compagni avevano un passato nell'underground punk-hardcore, in particolare il ciclopico batterista John Stanier. Ciò che Hamilton aveva in mente era un incrocio fra metal, hardcore, noise e qualche venatura wave delle più graffianti (leggere primi Killing Joke).
Il risultato è un disco assolutamente devastante: i muri di chitarra ritmici di Mengede fanno da base agli assoli atonali e ai feedback assordanti di Hamilton, il cui canto è un lamento monocorde deciso e angosciato. Il sound d'insieme sotterra parecchio il basso di Bogdan, che avrà modo di rifarsi con le prove successive. Ma il vero protagonista del disco secondo me è Stanier, un autentica macchina da guerra che marchia a fuoco il sound. Oltre all'influenza dei KJ, di cui facevano uscire la cover di Primitive su un singolo del periodo, quella dei Big Black è udibile fra i cumuli di macerie. Laddove la maggior parte del disco è un blocco di granito compatto che gioca sull'alternanza fra tempi pari e dispari, che si muove fra muri sfondati da migliaia di decibel, ci sono alcune varianti molto interessanti, come l'atmosfera malsana di Sinatra o il blues sfigurato di Make Room. Ma i macigni di Repetition, Rude, Bad Mood, FBLA, Blacktop, Distracted e Born Annoying hanno settato gli standard che pochi anni dopo bands come i Tool o i Korn assimileranno per conquistare il mondo, checchè ne possano dire.
Un colosso.
(Originalmente pubblicato il 21/03/2008)
Il risultato è un disco assolutamente devastante: i muri di chitarra ritmici di Mengede fanno da base agli assoli atonali e ai feedback assordanti di Hamilton, il cui canto è un lamento monocorde deciso e angosciato. Il sound d'insieme sotterra parecchio il basso di Bogdan, che avrà modo di rifarsi con le prove successive. Ma il vero protagonista del disco secondo me è Stanier, un autentica macchina da guerra che marchia a fuoco il sound. Oltre all'influenza dei KJ, di cui facevano uscire la cover di Primitive su un singolo del periodo, quella dei Big Black è udibile fra i cumuli di macerie. Laddove la maggior parte del disco è un blocco di granito compatto che gioca sull'alternanza fra tempi pari e dispari, che si muove fra muri sfondati da migliaia di decibel, ci sono alcune varianti molto interessanti, come l'atmosfera malsana di Sinatra o il blues sfigurato di Make Room. Ma i macigni di Repetition, Rude, Bad Mood, FBLA, Blacktop, Distracted e Born Annoying hanno settato gli standard che pochi anni dopo bands come i Tool o i Korn assimileranno per conquistare il mondo, checchè ne possano dire.
Un colosso.
gran disco,in effetti..poi il nulla però...
RispondiEliminaBè, i due successivi non furono certo all'altezza ma non erano neanche da buttare via. Meglio la raccolta "Born Annoying" che raccoglie frattaglie sparse dei primi anni. Dopo, solo dischi bruttissimi.
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