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Mica facile intraprendere un percorso di cantautore con sulle spalle l'eterno paragone di Will Oldham o Bill Callahan. Eppure Jason Molina si è creato il proprio seguito discreto in una carriera ultra-decennale che forse non lo ha visto sfornare dei grandi capolavori ma qualche buon disco sicuramente.
Ghost tropic è l'equivalente di
Arise therefore per Oldham; una raccolta spettrale, ripiegata su sè stessa, dimessa oltre misura, che seguiva un disco frizzante per i suoi standards come
The lioness. Lightning risked it all apre in maniera programmatica; un falso ritmo di armonici e percussioni varie, il falsetto squillante di Molina, steel di acustica. Sulla stessa falsariga si muovono
No limits on the words e
The ocean's nerves. La drammatica
The body burned away è immersa in una nebbia fittissima di note di piano grevi.
Le 2 title-tracks sono strumentali ambientati in un bosco dove i canti squillanti dei volatili fanno da contorno a frasi semplici di piano, vibrafono e steel guitars.
Incantation con i suoi 12 minuti è una stasi cosmica immobile.
Per effetto della lentezza esasperante del disco,
Not just a ghost's heart sembra quasi un miracolo: il battito meccanico fantasma scandito da accordi di piano serve a ravvivare l'atmosfera quanto basta per non cedere alla stanchezza.
(originalmente pubblicato il 17/05/08)
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